La civiltà delle Olimpiadi

Me li sono visti tutti, da capo a fondo. Non sono andato in vacanza, sono rimasto solo nella mia grande casa irrealmente deserta, per gustarmeli giorno dopo giorno, i giochi olimpici di Atene. Il fatto che i giochi si svolgessero in Grecia ci ha gasato un po’ tutti, noi che a suo tempo demmo del tu a Euripide e sghignazzammo istigati da quel burlone di Aristofane; ma ci ha anche spinto a riesumare traballanti reminiscenze scolastiche, ‘a braccio’, non sempre impeccabili. Mentre, durante la cerimonia di inaugurazione, pallide figure prese in prestito da un bassorilievo virtuale aleggiavano eteree, fra l’estatico e il circense, appena qualche metro sopra la testa degli spettatori, a simboleggiare i valori dei quali la civiltà greca visse, un telecronista, che aveva ben raccontato i giochi di 2500 anni fa, ha commentato: ‘Qui è tutta la nostra civiltà’. Attention, please! Un calzolaio criticò un giorno la foggia dei calzari in un dipinto esposto al pubblico dal grande Apelle, e il giorno dopo notò che il difetto da lui messo in risalto era stato corretto, e allora si mise a criticare la foggia dei capelli’: fu Apelle stesso a battergli una mano sulla spalla: ‘Sutor, ne ultra crepidam’. A ciabatti’! E nun te pericola’ più ortre che le ciocie!! Attention, please! ‘Tutta la nostra civiltà’? No. Non ‘tutta’. Solo germi importanti. Soprattutto nella concezione dell’intangibile dignità della persona la civiltà greca rimase al palo. Non riuscì a mettere a fuoco la distinzione fra personalità (capacità di darsi dei fini e di scegliere i mezzi adeguati per raggiungerli) e persona (dignità che compete a ciascuno per il fatto puro e semplice di essere un uomo); non teorizzò mai l’assoluta parità fra il futuro Albert Einstein e la futura FranÈoise Mounier, la figlioletta di Emmanuel, grande teorico del personalismo cristiano, ridotta ad un ‘pezzo di carne dolente’ da un’encefalite terribile. ‘Mi avvicino al suo letto senza voce come ad un altare,’ con tristezza profonda, ma leggera e trasfigurata’ Adorazione. Mia piccola FranÈoise, piccola ostia vivente tra noi, muta come l’ostia, risplendente allo stesso modo’. Cicerone: ‘Un bambino orribilmente deforme deve essere ucciso immediatamente, come impongono le Dodici Tavole’. Platone: lo Stato deve far crescere solo i figli degli uomini e delle donne migliori; i malformati vanno uccisi quanto prima; solo agli ‘àristoi’ può essere permesso, in via eccezionale, di tenere in vita i figli disabili, a patto però di nasconderli ‘in un luogo inaccessibile’. Aristotele: tra le leggi dello Stato non può mancarne una che proibisca di allevare i figli minorati. Solo il cristianesimo ci ha insegnato che l’umanità è ugualmente presente in tutti gli uomini, dall’embrione al Premio Nobel. E Pannella ha chiamato ‘mostruosa’ questa concezione dell’uomo. In questo paese l’unica cosa irrimediabilmente mostruosa è la sua devastante presunzione.