La cultura della legalità per andare oltre l’indifferenza

Don Ciotti e Caselli: allarme mafia e corruzione davanti a 600 persone

Hanno lanciato un forte allarme su mafia, corruzione e legalità in genere l’ex procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli, e il fondatore del Gruppo Abele di Torino, don Luigi Ciotti, che sabato scorso erano a Gubbio per intervenire al convegno sul tema “Oltre l’indifferenza: la cultura della legalità – Una sfida per scuola, famiglia, istituzioni”. L’iniziativa era organizzata dal III circolo didattico di Gubbio, in collaborazione con il Comune di Gubbio, le scuole medie e gli istituti superiori del territorio eugubino. L’incontro, coordinato da Roberto Grandis, è iniziato proprio con il saluto di Gina Pacelli, dirigente del III circolo, e con il saluto di Orfeo Goracci, sindaco di Gubbio.Oltre seicento presenti, alcuni dei quali hanno potuto seguire l’incontro solo da una sala collegata in videoconferenza, visto l’affollamento del centro servizi. “Il rispetto delle regole e delle leggi – ha affermato Caselli, entrando fin dall’inizio nel cuore del tema proposto – significa anche attenzione verso chi la legalità deve proteggerla e farla rispettare, come la magistratura, che negli ultimi anni viene attaccata sempre più spesso”. L’ex direttore generale del Dipartimento amministrazione penitenziaria, che dal marzo scorso rappresenta l’Italia nell’organismo europeo Eurojust che si batte contro la criminalità organizzata, ha ripercorso alcune vicende giudiziarie dal 1992 a oggi e i passaggi politico-parlamentari paralleli. “Dall’inizio degli anni Novanta, con tanti errori e manchevolezze – ha affermato Caselli – i magistrati hanno cercato di rendere la legge davvero uguale per tutti, mentre fino ad allora c’erano interessi protetti che non venivano mai toccati. Queste cose – ha continuato il magistrato – non sono andate giù a molti politici e così sono nati i cosiddetti ‘teoremi’, l’uso distorto e partitico della giustizia e altre accuse di questo genere. Sono tutti tentativi di delegittimare la magistratura”. Anche don Luigi Ciotti era sulla stessa lunghezza d’onda e, anzi, su certi aspetti ha pure rincarato la dose. Ha rivolto un forte attacco ai politici per alcune decisioni prese o in discussione nelle aule parlamentari: la revisione della legge per la confisca dei beni ai mafiosi, la modifica della legge Merloni per la trasparenza negli appalti, quella sulle rogatorie internazionali. “Con tutto il polverone sollevato sui collaboratori di giustizia – sostiene il sacerdote del Gruppo Abele – lo scorso anno ci sono stati solo dieci nuovi pentiti, disposti a collaborare con la giustizia”. Ciotti ha sottolineato l’importanza dell’impegno civile di ogni persona e della strenua difesa della legalità, sia nelle piccole cose, sia in quelle più grandi. “Oggi la mafia, anzi le mafie – ha detto – temono il carcere duro e la confisca dei beni, ma temono soprattutto la scuola, la mobilitazione e l’impegno della gente”. Nel suo intervento non poteva mancare il ricordo delle tante vittime della mafia: dal “giudice ragazzino” Rosario Livatino, a Placido Rizzotto, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Pio La Torre, Falcone e Borsellino. Don Luigi Ciotti ha parlato a lungo anche delle giovani generazioni. “Smettiamola – ha affermato – di pensare solo alla droga come pericolo per i nostri giovani: le bulimie sono cresciute di 114 mila casi in Italia e le anoressie di oltre 25 mila. I giovani non comunicano, nonostante tutte le tecnologie che li circondano. Sono troppo spesso soli, davanti alla tv o davanti a Internet, dove c’è di tutto sia di buono che di cattivo. Dobbiamo aiutare i ragazzi a recuperare il senso della responsabilità, ma prima dobbiamo essere coerenti, lo Stato deve essere coerente con il bisogno di legalità”.

AUTORE: Da. Mo.