La fede, ancora e sempre la fede

Cinquant’anni dall’inizio del Concilio. Ottobre 1962, Papa Giovanni dà inizio al compimento della grande promessa che ci aveva fatto nel gennaio del 1958, nella basilica di San Paolo: “Celebrerò un Concilio ecumenico”. “Ci aveva fatto”, perché ero presente anche io, e avevo appena vent’anni. La Chiesa ha indetto un Anno della fede. E proprio “fede” è la parola che va messa al centro di tutto quanto si riuscirà ad organizzare. Perché il nesso essenziale che unisce il Concilio alla nostra vita di credenti è proprio la fede. Aggiornamento, rapporto con il mondo, crollo delle preclusioni, unificazione di laici e credenti in una sintesi superiore…: tutte parole sacrosante che però vengono dopo quella parola chiave: fede. “Parlami, Signore” ripete tanta gente oggi, nello smarrimento tipico di questa nostra età della quale i Papi hanno denunciato come prevalente e potenzialmente esiziale il pericolo del relativismo. “Parlami Signore”, e corrono a questo o quel santuario mariano, a questo o quel veggente, a questo a quello stigmatizzato. Dimentichi che il Signore ha già parlato a noi che viviamo questo nostro tormentato tempo. E ha parlato innanzitutto con l’indirizzo profetico che Papa Giovanni impresse alla sua Chiesa ad un mese esatto dall’inizio del Concilio, l’11 settembre 1962: “Da oggi in avanti, la Chiesa sarà la Chiesa di tutti e soprattutto la Chiesa dei poveri”. Il Concilio è rimasto fedele a questa consegna. Il 15 settembre prossimo ci vedremo a Roma con persone che ci furono carissime, perché del Concilio ci parlarono come nessun altro sapeva fare: Rosanna Virgili, Carlo Molari, Cettina Militello, Raniero La Valle. “Non per portare indietro gli orologi” dice l’invito/convocazione, “ma per farne scaturire eredità nuove ed antiche e impegni per il futuro”. Anche il grande Concilio di Trento diede i suoi frutti migliori per la Chiesa a distanza di decenni, di molti decenni. Altrettanto accadrà per il Concilio ecumenico Vaticano II, che a volte, in tempi recenti, è sembrato come accantonato e catalogato fra le cose belle e ormai innocue del passato. No, il Concilio ecumenico Vaticano II ha davanti a sé un futuro luminosissimo, perché solo una minima parte delle sue indicazioni di fondo è stata enucleata. Poter assistere ad una nuova esplosione di quella luce che allora ci abbagliò mi entusiasma. Poter dire anche la mia, quella della mia Comunità, insieme alle tante realtà nuove che, con tutti i loro difetti, sono nate in presa diretta con il Concilio, mi elettrizza. È come se avessi di nuovo vent’anni, sotto gli splendidi lacunari del soffitto di San Paolo fuori le Mura, mentre la voce di Papa Giovanni risuona dolce come il canto di un vecchio che la fede ha conservato giovanile. La fede, ancora e sempre la fede.

AUTORE: Angelo M. Fanucci