La fede è di alcuni,la ragione è di tutti

Non sembri uno slogan. È un principio di immediata evidenza, che dovrebbe essere tenuto presente ogni volta che si instaura un dibattito su questioni controverse di natura etica, economica, sociale, politica, dove il consenso si rende necessario, ad esempio, per formulare leggi e regole di convivenza. Il principio maggioritario, che si fonda sull’opinione degli individui, può determinare decisioni dominanti, ma non per questo necessariamente frutto di ragione. Ci sono momenti e situazioni in cui predomina il sentimento, la passione, la rabbia, l’odio e il desiderio di rivincita e di vendetta. Quante scelte storiche sono frutto di tali sentimenti, insinuati nel popolo da politici e ideologi. Ciò può avvenire anche in nome di una fede o presunta tale, comunque rispettabile, per un’eventuale buona fede dei soggetti in campo. Senza entrare nella complessa questione della libertà e della democrazia rapportate all’etica, sembra opportuno, in base a molte discusse questioni attuali che riguardano la vita delle persone e delle famiglie, il richiamo all’uso della ragione. Si pone fuori dalla ragione critica sia chi pretende la soggettività pura e l’individualismo sganciato da ogni norma che trascenda il soggetto singolo, sia chi si appella ad una fede cieca e indiscussa da seguire in maniera letterale. Mi riferisco a quelle leggi fondamentali del vivere collettivo che reclamano diritti e comportamenti che non possono essere efficaci e normative se non con il consenso di tutti. Questo si deve cercare e si può trovare non in una o in un’altra fede religiosa, di alcuni, pochi o molti che siano, ma nella ragione umana che è di tutti, che ha caratteri tali da essere da tutti condivisa, e nella quale tutti possono ritrovarsi senza sentirsi esteriormente obbligati da qualcuno, ma interiormente legati ad un principio di responsabilità interiore originato dalla propria coscienza.

È stato celebrato nelle settimane scorse il processo di secondo grado al norvegese Breivik che ha ucciso a freddo, lucidamente, 38 giovani radunati in un prato. Non è necessaria una fede per giudicare immorale questo atto. Nell’elaborare le leggi per una nazione non si può prescindere dalla formulazione di principi razionali volti al raggiungimento del bene comune, o almeno per arginare un probabile male comune. Ricordiamo ad esempio il principio di precauzione, in più occasioni evocato da legislatori e moralisti, onde evitare disastri per la salute, l’ambiente, i rapporti sociali. A ragionamenti di questo tipo si è ispirato il ministro della Repubblica francese Vincent Peillon che ha proposto l’insegnamento di “etica laica” nelle scuole pubbliche della nazione, suscitando molte discussioni. È un segnale forte, che indica come dal dominante relativismo – secondo cui tutto mi è permesso per qualsiasi motivo soggettivo, a qualsiasi costo – la società senta il bisogno di ritornare alla ragionevolezza delle abitudini, dei comportamenti, degli stili di vita. La famiglia, la società e lo Stato devono poter insegnare ai giovani che cosa è giusto e che cosa non lo è, ed anche che cosa venga prima e che cosa dopo nella scala dei valori e dei beni. Questa, sia pur minimale, dovrebbe essere la morale laica. È la confessione del fallimento di una società fondata su modi di pensare che pongono in crisi la stessa convivenza civile. Pare di risentire l’antica lezione dei saggi pagani greci e romani. A questo punto si deve dire che un insegnamento in questa direzione è stato presentato da Benedetto XVI quando, nel discorso al Parlamento tedesco in occasione del viaggio in Germania il 22 settembre 2011, ha usato queste parole: “La fede è di alcuni, la ragione è di tutti”, per affermare che “il cristianesimo non ha mai imposto leggi per rivelazione divina o un ordinamento giuridico rivelato”. Ciò significa che anche oggi non è necessario ricorrere a principi di fede per affermare il diritto dell’embrione all’esistenza. Contrariamente a ciò è quanto avviene nell’islam dove le leggi sono espressione della volontà divina rivelata nel Corano. La ragione, inoltre, permette alle fedi di dialogare tra loro, e all’uomo che ricerca la verità di districarsi nell’ampio panorama delle religioni diffuse nel mondo. Prendere atto che nascono voci dal basso, che reclamano un ritorno alla ragionevolezza delle scelte personali e sociali, risponde ad una concezione alta della persona umana, capace di verità e di bene, perché creata ad immagine di Dio.

AUTORE: Elio Bromuri