La “miopia” che uccide il welfare

Senza andare troppo lontano a rincorrere gli avvenimenti, soprattutto funesti, che giungono puntuali a casa, serviti a tavola giorno, sera e notte, se ci limitiamo a sfogliare qualche giornale o altro strumento informativo locale non rimaniamo privi di motivi di riflessione. Nello stesso giorno veniamo a sapere che l’aeroporto San Francesco, nonostante il nome promettente con cui è stato ribattezzato, rischia di uscire da qualsiasi finanziamento statale e pesare solo sulla Regione. Fagotti è ottimista, la gente umbra è affezionata e speranzosa di ottenere vantaggi dall’aumento dei passeggeri. Ma il problema c’è. Non siamo alla situazione allarmante della mancanza di gasolio per i bus di Napoli, ma il sindaco di Perugia Boccali ha dichiarato di ritenere a rischio gli stipendi dei dipendenti della Gesenu. Di alcune banche, le nostre, quelle dove abbiamo messo con fiducia qualche risparmio e che sono sulla bocca di tutti, a causa di una classe dirigente, politica e finanziaria superficiale, miope ed egoista che non conosce neppure il nome di giustizia, socialità, solidarietà, onestà, conosciamo la grave crisi. E poi parliamo di “welfare”: ci crediamo, riteniamo che sia una conquista importante e delicata, ma rischia di franare per mancanza di ossigeno. Continuano le “spaccate” di negozi visitati da ladri avventurosi e senza scrupoli, aziende che chiudono, disoccupazione che aumenta, giovani trasognati che guardano il futuro senza vederlo. Forse non abbiamo mai toccato un fondo così basso. Queste constatazioni stridono con un inno alla vita che vorremmo sciogliere a gran voce . Peraltro una signora ultra-ottantenne, insegnante, poeta e scrittrice che non riesce più a scrivere per debolezza, stanchezza e malattia, ci ha telefonato lamentandosi come di fronte ai problemi e alle difficoltà della società vi sia uno spettacolo della politica che, come dice lei testualmente, appare come “una compravendita di merci scadute, proposte senza senso, menzogne alle quali un cristiano, per amor di Dio, dovrebbe reagire e contrastare”. E si domanda come possa un cristiano mettersi al fianco di persone senza moralità. Aminah è molto rigorosa e seria, forse dal suo rifugio solitario esagera nei toni, ma il malessere è diffuso e la tristezza invade l’anima di chi ama la vita e vorrebbe una vita bella. Sarebbe facile dire che, in confronto ai tempi di cui abbiamo fatto memoria in questi giorni, tempi di guerra e di genocidi, oggi ci si può accontentare. Ma “vivacchiare” non è un modello da proporre e perseguire. Semmai c’è da riflettere su come si arrivi a certe derive desolate e per quali strade. Lo abbiamo già detto più volte in questo ritaglio di giornale: amare la vita, rispettarla e sostenerla in tutte le fasi di crescita fino alla piena maturazione, con amore e forza, come se i figli fossero figli di tutti e non solo dei loro genitori, in una società concorde nei valori fondamentali e nei comportamenti etici condivisi. La Babele delle posizioni politiche, segno di una società frammentata e conflittuale. In tempo di carnevale, si potrebbe dire una società “modello coriandoli”. Vale la pena su questo leggere quanto scrive il saggio arcivescovo Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, Gualdo Tadino, Nocera. Soltanto insieme si vince il degrado, anche economico. Chi ha riserve finanziarie abbondanti, è il momento che si faccia vivo per colmare carenze di mezzi elementari di tante famiglie e persone, e per la funzionalità di una società in pericolo.

AUTORE: Elio Bromuri