Bassetti: la “nuova” primavera di Papa Francesco

Intervista al Cardinale Bassetti per i due anni del pontificato di Papa Francesco
Jorge M. Bergoglio  appena eletto Papa si affaccia dal balcone di San Pietro
13 marzo 2013. Jorge M. Bergoglio appena eletto Papa si affaccia dal balcone di San Pietro

Il 13 marzo 2013 il cardinale Jorge Maria Bergoglio veniva eletto papa, successore di Benedetto XVI che l’11 febbraio, ai cardinali riuniti in Concistoro aveva annunciato la sua rinuncia “al ministero di Vescovo di Roma e successore di san Pietro”. L’attesa per il nuovo Papa era tanta, e fin dalle prime parole il Papa chiamato “dalla fine del mondo” fa capire che avrà uno stile tutto suo. Si presenta come “Vescovo di Roma” e annuncia che ha scelto di chiamarsi “Francesco”, come il santo di Assisi.

Gualtiero Bassetti è il primo vescovo italiano che non viene da una sede cardinalizia ad essere nominato cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del febbraio 2014. Da allora le occasioni di incontro tra il Cardinale e il Papa si fanno più frequenti e la sintonia che Bassetti esprimeva nei confronti del nuovo Papa si conferma sempre più. Bassetti raccoglie l’invito di Papa Francesco alla “conversione pastorale” e lo fa coinvolgendo in questo percorso tutta la sua diocesi con la Lettera pastorale scritta “alla luce della Evangelii gaudium per l’avvio del processo di discernimento, purificazione e riforma” e intitolata, appunto, Missione e conversione pastorale.

Abbiamo chiesto al cardinale Bassetti di fare un commento di questi due anni, e lo fa citando frasi del Papa che ricorda a memoria, frasi che in qualche misura indicano il cammino impresso dal Papa alla Chiesa.

Eminenza, come riassumerebbe questi due anni intensi del pontificato di Papa Francesco?

“Mi sembra bella la conclusione che Raniero La Valle fa per il suo libro ‘Chi sono io Francesco?’ in cui scrive che ‘Ad una Europa stanca e senile, a un mondo che sacrificato al denaro globale non si aspetta più niente, Papa Francesco ha restituito l’attesa’. Mi sembra che questa sia una delle sintesi più belle del Pontificato”.

E come descriverebbe in poche parole Papa Francesco?

“Io definirei Papa Francesco l’uomo della nuova primavera della Chiesa. Una primavera già annunciata in un radio messaggio di Pio XII alla fine della guerra, una primavera preconizzata nel discorso di apertura del Concilio del 12 ottobre 1962 quando dinanzi ai profeti di sventura Giovanni XXIII intravide una ‘nuova primavera’ della Chiesa. Bergoglio, figlio di immigrati italiani, il primo Papa Gesuita, proveniente dalla fine del mondo, sta proponendo al mondo la sua pastorale che è ‘nuova’ perché fa perno sull’umanità della persona e certi tratti del suo approccio ci riportano a Giovanni XXIII, il papa a cui Francesco si ispira più di tutti”.

… il Papa del Concilio …

“Il discorso di Giovanni XXIII è l’ouverture del concerto. Se il Concilio è stato un grande concerto, l’ouverture, che contiene sempre tutti i temi del concerto, l’ha data Papa Giovanni XXIII: la primavera, i segni dei tempi, il dialogo, la misericordia. Lui, Francesco, non fa altro che riproporre dopo cinquant’anni questi temi. Ecco perché dico l’uomo della primavera!”.

Questo Papa è molto amato dalla gente, anche da chi non si professa credente. La gente lo ascolta con una rinnovata attenzione…

“Papa Francesco ha recentemente affermato che la proposta evangelica deve essere ‘più semplice, profonda e irradiante’. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali. Il suo magistero immediato lo si deduce dalla sua enciclica Lumen fidei, dalla sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium, dalle udienze ma soprattutto dalle omelie a Santa Marta che sono dirette e spontanee”.

C’è una grande discussione su questo Papa, c’è chi lo descrive come uno che dice cose diverse da chi lo ha preceduto…

“A questo proposito cito una frase, che io condivido in pieno, del giornalista Raffaele Luise: ‘Il Papa non è un rivoluzionario d’oltreoceano. Egli cerca di riportare la fede cristiana così stanca e desolata in occidente, alla radicalità evangelica attingendo alla freschezza umana e spirituale dell’America latina’. Francesco non è un Papa tradizionalista nè conservatore ma è un uomo libero e anticonformista, cresciuto alla scuola dei gesuiti e imbevuto fino in fondo della spiritualità dell’America latina. Porta veramente i segni del suo popolo”.

Con Papa Francesco si parla di Chiesa ad extra, Chiesa in uscita. Come la vede ?

“A Santa Marta e in altre occasioni ha detto che ‘Gesù non bussa alla porta del nostro cuore solo per entrare, bussa anche per essere liberato’. E qui si allaccia il discorso della Chiesa ad extra, una Chiesa che, dice ancora il Papa, ‘è chiamata a uscire da se stessa e andare verso le periferie esistenziali del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, dell’indifferentismo’”.

Un pregio di questo Papa è la capacità di parlare semplice…

“Quando Francesco dice che ‘la Chiesa quando è autoreferenziale crede di avere luce propria ma finisce per dare gloria a se stessa’, ci ritrovo il pensiero di De Lubach, un teologo gesuita. Papa Francesco dice le cose come le direbbe un maestro delle elementari, ma lui conosce De Lubach, conosce Daniélou, conosce Rahner, che sono tutti teologi gesuiti. Parla in modo semplice, talvolta informale, ma la sua è una ‘dotta ignoranza’”.

Cosa caratterizza i discorsi di Papa Francesco?

“Con questo suo modo di evangelizzare papa Francesco ci chiama a tenere vivo dentro di noi e nel cuore dell’uomo moderno, insidiato da indifferentismo e cronica stanchezza del vivere, il Dio della misericordia. E qui risiamo alla medicina della misericordia di Papa Giovanni XXIII. Francesco vede la Chiesa ‘come un ospedale da campo dopo una battaglia’ e dice che ‘si devono curare le ferite, poi parleremo di tutto il resto’. In questo campo di battaglia che è la post-modernità, è tornata la primavera di cui parlava il Papa Buono”.

Molti mettono in contrapposizione Papa Francesco con i suoi predecessori. Lei cosa ne pensa?

“Dico che nell’ultimo secolo c’è stato un susseguirsi di papi meravigliosi. Così mentre Paolo VI è stato un grande pontefice che ha attuato il Concilio, Giovanni Paolo II è stato l’uomo che ha abbattuto i muri, l’uomo della famiglia e dei giovani. Benedetto XVI sottolineando l’aspetto della fede e la cultura, in questo oscurantismo ha affermato il posto della ragione facendo un servizio all’umanità di cui non ci si rende ancora conto! Papa Francesco ha ripreso la ‘primavera’ del Concilio, quella di cui parlava Papa Giovanni”.

In questi due anni Papa Francesco ha parlato anche in occasione dei viaggi, parole, anche qui molto ascoltate

“Ha toccato un po’ tutte le tematiche. Per esempio nel viaggi ad Assisi ha parlato della spogliazione, della kenosis della Chiesa. Nel viaggio in Brasile per la Giornata mondiale della gioventù ha tuonato contro la cultura dello scarto e ai giovani ha detto ‘siate rivoluzionari, ribellatevi ala cultura del provvisorio, non lasciatevi rubare la speranza’ e poi, una frase che mi ha colpito, sempre ai giovani ha detto ‘Pescate Dio nelle acque profonde del mistero’. A Lampedusa ha parlato della ‘globalizzazione dell’indifferenza che ci ha anestetizzato il cuore e ci ha resi incapaci di piangere”. Ma il Papa ha avuto parole forti anche per la curia romana, quando ha detto del ‘gossip delle chiacchiere, dei veleni’ o quando dice di stare attenti ‘al cristianesimo come trampolino per far carriera’. Un’altra frase che ripete spesso, l’ha detto anche a me personalmente, è riferita all’effetto che hanno le sue parole. Mi disse: ‘se io parlo dei poveri e li aiuto, mi battono le mani, ma se vado a cercare le cause della miseria e dei poveri mi dicono che sono comunista’”.

AUTORE: Maria Rita Valli