La Parola che si fa “carne” anima della teologia e della cultura occidentale

Gianfranco Ravasi alla Sala dei Notari di Perugia annuncia il Natale alla città

Cosa c’è di più classico degli auguri di Natale? Un rito che milioni di persone compiono in questi giorni, ma che rischia di essere un rito vuoto, perché non si sa più cosa augurare, ma soprattutto perché si fanno gli auguri. Per dare contenuto a quest’usanza, ormai da diversi anni la Diocesi di Perugia – Città della Pieve fa gli auguri alla città di Perugia con una conferenza che ricordi che il Natale non è solo una festa per i cristiani, ma che il Natale è una buona notizia per tutti. Quest’anno gli auguri sono stati fatti da mons. Ravasi, grande studioso della Bibbia nonché direttore della Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana di Milano e attento ascoltatore delle cultura del nostro tempo: nella sua riflessione ha fatto spazio all’esperienza di credenti, cristiani, ebrei, musulmani, e non credenti, agnostici e atei. Alla Sala dei Notari, mons. Ravasi, prendendo spunto da un testo di Leone XIII ha invitato tutti ad andare alla Sacra Scrittura, “anima della teologia”, e anche della cultura occidentale, per capire il senso profondo dell’evento celebrato a Natale, per non cadere in quella ” melassa sentimentale che in questi giorni viene spalmata all’interno delle nostre città” e che ci invita a consumare. Egli ha riproposto all’attenzione dei presenti le pagine classiche del Vangelo che ci parlano della nascita di Gesù Cristo (i primi capitoli di Matteo e Luca e il primo capitolo di Giovanni), per sottolineare come questi testi sono carichi di significato teologico e non devono essere letti in chiave sentimentale, quasi fossero un racconto per bambini. Attraverso questi testi, l’evento dell’Incarnazione del Verbo viene presentato su due registri, continuamente in dialettica fra loro: quello della luce e quello delle tenebre. Colui che nasce è la Parola: la Parola che ha creato l’universo , la cui presenza affonda nell’eterno. Ma questa Parola eterna di Dio si rivela, si comunica si affida alla fragilità delle parole umane. Secondo l’Antico Testamento Dio lo si incontra attraverso la Parola. Ma nell’evento della Parola che si fa carne Dio comunica all’umanità la sua tenerezza, la sua grazia il suo amore, come cantano gli angeli a Betlemme: “Pace in terra agli uomini oggetto dell’amore di Dio”. Natale e fare l’esperienza che siamo pensati e amati fin dall’eternità, che nonostante le nostre miserie, non siamo soli, non siamo prigionieri dei nostri limiti, perché c’è un Dio che in Cristo, ci rivela il suo amore. Per far ciò Dio non sceglie la via dell’onnipotenza, del meraviglioso, ma quella come disse un teologo protestante Dietricht Bonhoeffer, quella dell’impotenza. Facendosi carne, come dice Giovanni, la Parola onnipotente si è limitata in un corpo limitato: il Figlio sperimenta la fragilità umana, la morte, “si concentra all’interno di una creatura fra il nascere e il morire”. Il vero miracolo è che Gesù è entrato nella carne umana. Accanto a Gesù, c’è Maria, la madre, ma anche la serva, colei che è consapevole di giocare un ruolo nella storia della salvezza, la credente, la povera e umile, la cui vita sarà un continuo staccarsi dal Figlio, per ritrovarlo sotto la croce. Negli auguri di mons. Ravasi, è risuonato più volte l’invito ad ascoltare, a far silenzio, a togliere “le ortiche dalle nostre orecchie” come invitava a fare una poetessa ebrea, per trovare ristoro nell’oasi della parola che ci parla del Natale. E’ strano, proprio ora far silenzio, mentre le nostre strade sono invasi di luci, di suoni e di annunci commerciali. Ma del resto duemila anni fa’, quando un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso la Parola si fece carne, c’era solo qualche pastore.

AUTORE: Annalisa Bini