Se la politica rompe anche l’amicizia

di Maria Rita Valli

Una sera a cena con amici e va a finire che si parla di politica, di cosa sta succedendo in Italia. Alla fine della lunga serata un grazie reciproco perché si è potuto ragionare, scambiare considerazioni, interpretazioni dei fatti. E la notizia è proprio in questo “grazie” perché il mio amico e sua moglie hanno dovuto ridurre il dialogo con alcuni vicini ed hanno dovuto introdurre la regola del “non si parla di politica” per non perdere gli amici più cari con i quali da lunghi anni condividono gioie e dolori, e vacanze e feste, con i figli cresciuti insieme come fratelli. Prima, prima del 4 marzo, non era così.

C’erano segnali, tendenze, ma dopo il 4 marzo sembra che non conta più se sei amico o no e le scelte di voto sono argomentate in questi termini: “voglio l’abolizione della Fornero perché voglio andare in pensione subito”. E il peso dei conti che ricadrà sui nostri (suoi) figli, non lo considera? No, vuole solo la sua pensione. Quando si dice che gli italiani hanno votato di pancia si dice di un clima che sta inasprendo le relazioni, anche interpersonali. Sembra che ora tutti si sentano più liberi di esprimere il peggio di sé in termini di aggressività e di giudizi gratuiti. Per ora tutto molto centrato sui migranti (e gli stranieri già si sentono meno graditi anche nei nostri paesi dove tutti si conoscono da sempre).

Sembra che l’unica forma di comunicazione “efficace” sia quella strillata e coloro che vogliono ragionare sui fatti (dati reali, non sensazioni e impressioni personali) hanno perso in partenza. Quanti conoscono i dati sulla sicurezza che contraddicono i toni catastrofici con cui se ne parla? Questi amici, e non solo loro, sono sfiduciati perché non vedono nel panorama politico attuale forze politiche che possano non dico rappresentarli, ma neppure dare loro una prospettiva di un’Italia meno divisa, meno egoista, meno chiusa e più aperta ai grandi valori di solidarietà, di accoglienza, libertà. Ecco, ci sono tanti italiani, forse più di quanti immaginiamo, che si sentono orfani della politica con la P maiuscola perché non trovano uno spazio nel quale riconoscersi.

Il cardinale Bassetti in una intervista a La Stampa il 23 giugno scorso ha usato un’espressione forte ma efficace: “A volte si ha la sensazione che i migranti siano un tema di ‘distrazione di massa’ rispetto ad altri problemi dell’Italia, dell’Europa e del mondo occidentale. Siamo così passati da un’indifferenza generale a un’ostilità diffusa, fino alla xenofobia. Oggi, attraverso una lettura semplificata, sembra che tutti i problemi delle società occidentali derivino dai migranti. Ma non è così. La crisi economica, morale e sociale ha radici profonde, che tocca le viscere della storia recente e passata”.

In quella stessa intervista il Cardinale ricordava che “è da circa un anno che parlo di un’Italia da rammendare: nel suo tessuto sociale, geografico e politico”. E in altre occasioni aveva invitato i cattolici ad un rinnovato impegno in politica, senza indicare il come aveva però sottolineato un’esigenza: quella di un contributo politico che attinga al patrimonio dei cattolici italiani, fatto sì di magistero ma anche di storia e di grandi personaggi che hanno costruito l’Italia.

Dopo la fine della Dc e la dissoluzione dei suoi eredi sembrava che la scelta “vincente” fosse quella dell’impegno a titolo personale nei diversi schieramenti. Una scelta che ancora oggi in molti ritengono sia l’unica praticabile, ma sono in aumento coloro che stanno valutando altre opzioni.

Quale sarà l’esito è ancora presto per saperlo, anche perché è un movimento che parte dalla base.

2 COMMENTS

  1. Buongiorno,
    in effetti il problema non sono i migranti (anche se conosco bene il clima libico e so del loro sfruttamento!). Ma lei lo sa che nelle piccole realtà dove vengono ospitati, 35 0 40, i migranti sono trattati come pacchi postali e vengono spostati da una piccola realtà ad un’altra per garantire i contributi alle varie cooperative che si sono formate sulle loro spalle?
    Prima li tengono 2 mesi, li spostano per altri 2, li fanno ritornare finchè qualcuno non decide di andare all’estero…. Ma è questa la dignità che garantiamo noi cristiani a queste persone? Alcuni vengono in Chiesa e non chiedono altro che partecipare alla vita comunitaria… questi di solito sono i veri migranti che scappano dalle guerre… la loro età media è di 22 anni, e i loro familiari? Genitori, nonni… ha mai parlato con loro? Alla maggior parte non interessa ritornare e aiutare la famiglia che giù sta soffrendo… mamme con bambini che rifiutano vestiti e doni in buono stato che la maggior parte le comunità raccoglie per atto di carità, perchè vogliono cose nuove… io ho portato per anni i vestiti dismessi delle mie cugine…
    Nell’ampia veduta sono anch’io per l’accoglienza, ma guardando le piccole realtà l’accoglienza non è il principio fondatore delle aperture verso i fratelli… il principio fondatore è “quanto ci si può guadagnare?” E se questo non fosse chiaro è solo perchè abbiamo gli occhi e la mente offuscati da una Chiesa che non sa più che pesci pigliare, è diventata strumento di potere o soggiace al potere del mondo… Pochi atti umanitari sinceri e responsabili ho visto in questi anni da parte di parrocchie e diocesi che ospitano migranti….

    • È vero che c’è chi ha sfruttato il sistema dell’accoglienza dei migranti per guadagnarci sopra, ma non rappresentano certo la maggioranza dei soggetti che hanno fatto accoglienza e men che meno le Caritas che si sono messe in moto. In ogni caso si tratta di azioni che vanno contro la legge e vanno denunciate. Diverso è il tema dell’accoglienza sul quale la Chiesa ha parole chiare radicate nel Vangelo e nei fatti quando ricorda che i migranti sono prima di tutto persone e non numeri, e che fuggono dai loro paesi per cercare una vita migliore lontano da guerre, persecuzioni, povertà e miseria.

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