La ritrovata dignità del dialogo

ASSISI 1986-2006. Fu Wojtyla a far riconoscere il ruolo pubblico di tutti i credenti

In vent’anni il mondo è cambiato. Si è conclusa la lunga fase della guerra fredda con il crollo dei regimi comunisti, dopo un quarantennio di pace garantita dal terrore, sono nate nuove nazioni, ma anche nuovi conflitti e il mai sopito conflitto mediorientale. Una minaccia fra tutte è apparsa all’orizzonte: il terrorismo ammantato dalla gloria del martirio. La peggiore delle menzogne prodotte da integralisti islamici a danno della loro stessa fede e dei veri credenti. In questi anni il ricorso alle armi e la fiducia nella forza di convinzione delle maniere forti, la pratica della legge del taglione, l’uso di violenze inaudite a scopo di dissuasione hanno diffuso panico e sfiducia in tutto il mondo e il linguaggio dell’odio ha dominato tragicamente la scena. Si potrebbe pensare che lo ‘spirito di Assisi’ sia un sogno o un’utopia e gli incontri di preghiera delle religioni, sia quelli presieduti personalmente dal Papa, sia quelli riproposti ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio non siano serviti a nulla. Sarebbe questa una triste sensazione, una cocente delusione che rischierebbe di spegnere l’entusiasmo degli amanti della pace presenti in tutte le religioni e di troncare il cammino intrapreso. Ma non è così. D’altra parte chi sarebbe in grado di fare un bilancio fondato e veritiero di questo tipo? E chi ne avrebbe il diritto? Può essere opportuno avviare delle verifiche sul versante della pace tra le religioni, come ha proposto padre Coli del Sacro Convento di Assisi. Ma sarà ancora più opportuno osservare che le iniziative di preghiera di Giovanni Paolo II per la pace, anche se mirate su tragiche situazioni di emergenza, come altri segni da lui compiuti, hanno un respiro più ampio che da senso a tutto il pontificato del compianto Pontefice. Nella sua prima enciclica del 1979 (Redemptor hominis) indica nell’ecumenismo e nell’avvicinamento delle religioni una prospettiva urgente e possibile per il nuovo millennio. L’intento di Papa Wojtyla è stato quello di sottrarre dal disprezzo e dalla emarginazione le religioni, e lo stesso fatto religioso in generale, che da ambiti filosofici e sociali diversi erano state vituperate dalla cultura moderna. Egli ha inteso ridare dignità ai credenti, non limitandosi a fare l’apologia della fede cristiana e a difendere le ragioni dei cattolici o dei cristiani. Ha preso le difese di tutte le religioni chiamandole allo stesso tempo a collaborare con la preghiera e il dialogo per la pace tra gli uomini e i popoli. Ha ridato credibilità e fiducia alla preghiera e all’esperienza religiosa, sfidando nello stesso tempo i capi delle religioni mondiali a dare il meglio di sé ed offrirlo allo sguardo del mondo, attingendo ai ‘tesori della spiritualità umana’ (Redemptor hominis 6) e collaborando insieme nella costruzione della civiltà dell’amore. Questa è l’intenzionalità che Giovanni Paolo ha immesso nelle esperienze di dialogo interreligioso sviluppate nei venti anni trascorsi, che possono dirsi una comune strategia di pace fondata sulla preghiera. Non è detto che si debbano vedere risultati immediati ed eclatanti, come armi che cadono dalle mani dei soldati e aerei carichi di bombe inabissati in mare. ‘Il cuore degli uomini è il luogo degli interventi di Dio’, ha ricordato Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, il quale ha messo accanto al 1986 un’altra data, il 1206, ricordata nel messaggio di Benedetto XVI, che segna la conversione di Francesco d’Assisi. Di conversione, anche nel nostro caso si può parlare partecipando a questi incontri dove la fiducia, il rispetto, la confidenza, l’amicizia e anche spesso un vero vicendevole amore si possono toccare con mano, tanto da poter dire con l’espressione commossa di Arrigo Levi, ebreo laico, che possiamo andare avanti insieme ed affrontare con fiducia il futuro ‘mano nella mano’.

AUTORE: Elio Bromuri