L’abat jour. “Attribuzione identitaria”

Don Angelo Fanucci
Don Angelo Fanucci

Battesimo. Non sa far altro che frignare e mingere il battezzando, ma alla domanda che egli, tramite i due che l’hanno messo al mondo, ha posto alla Chiesa (“Che devo fare nella vita?”), la Chiesa risponde: devi fare quello che sei. Sei sacerdote innanzitutto, e poi re, e poi profeta: compòrtati di conseguenza.

Sacerdote: celebra e restituisce – a Dio e agli uomini – la vita come dono. Re: l’esercizio del battesimo dà sempre frutti regali; i re cambiano la realtà del mondo. In altre parole, tu, intrepido frignante e generoso mingitore, dovrai lasciare il mondo meglio di come l’hai trovato. Profeta: nel silenzio assordante dei quaranta milioni di telefonini che intasano la comunicazione, tu saprai dire le parole che contano. Fede, vita, generosità, profondità.

Un compitino niente male. Ma soprattutto un compito da eseguire in base di un’attribuzione identitaria. Già. “Il sacerdozio dei fedeli è un’attribuzione identitaria, mentre il sacerdozio di noi ordinati in sacris è solo un’attribuzione ministeriale”. Parbleu! Una cosa è attribuire una certa qualifica a un certo soggetto perché essa dice quello che è, altra cosa è attribuire una certa qualifica allo steso soggetto per dirgli quello che deve fare.

Ma tornando ora al nostro tema, quello dell’aggancio del sacramento del matrimonio al sacramento del battesimo, mi sembra un’enormità aver fondato quell’aggancio solo sulla prima parte del rito battesimale, l’acqua che purifica, e non anche (o soprattutto) sulla sua seconda parte, che allora assegnò al battezzato i compiti che “fanno” la vita cristiana e oggi li ripropone alla coppia a definizione del suo essere coppia.

Ma questo è dipeso dal fatto che nell’amministrazione del battesimo quella seconda parte del rito è stata sottostimata, quasi accantonata.

Eppure c’è di mezzo il crisma, l’olio santissimo che, misto a diversi profumi intensi, il vescovo consacra al vertice della Messa degli oli, e che nel battesimo segna in forma di croce la fronte del bambino. E invece… sentite cosa dice internet alla voce “crisma”: “Il crisma è usato nell’amministrazione dei sacramenti della cresima, dell’Ordine sacro e dell’unzione degli infermi (dei quali costituisce la materia), nonché nel rito di quella del battesimo (di cui però la materia principale è l’acqua)”.

Ancora una volta l’ilemorfismo aristotelico, il gioco obbligato materia/forma, applicato acriticamente ai sacramenti ne umilia la comprensione! Peccato!

AUTORE: Angelo M. Fanucci