Lasciamo che lo Spirito ci contraddica!

ECUMENISMO. Ad Assisi le giornate del Segretariato attività ecumeniche

Si è  svolta ad Assisi “la più importante esperienza ecumenica d’Italia, e forse d’Europa”. Parole del teologo valdese Paolo Ricca, che non è uno che regala i complimenti. Si trattava della 54a Sessione estiva del Sae (Segretariato attività ecumeniche), concluSAE-luglio-2017---2-CMYKsasi sabato 29 luglio alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli. La parola “Sessione” forse dice poco, e infatti il presidente del Sae, Piero Stefani, confessa di avere la mezza intenzione di sostituirla con “Laboratorio di formazione ecumenica”.

Il tema di quest’anno, 500° anniversario dell’inizio della Riforma luterana, era appunto “Riforma, profezia, tradizione nelle Chiese”, prendendo come testo di riferimento Atti degli apostoli 15,28: “È parso bene allo Spirito santo e a noi…”. Il tema è stato affrontato da vari punti di vista, e soprattutto il rapporto con l’ebraismo, il ruolo della donna, l’aggiornamento della liturgia, l’evangelizzazione.

L’attività che tocca allo “Spirito santo e noi” è stata ben riassunta nella conferenza finale dell’evento, che ha visto protagonisti il sacerdote e teologo cattolico Severino Dianich e il pastore avventista (della Chiesa avventista del Settimo giorno) Davide Romano. Qualcuno ha giustamente chiesto perché al tavolo dei relatori non fosse presente anche un esponente della Chiesa ortodossa. Gli organizzatori hanno spiegato che lo si desiderava, e del resto gli ortodossi erano presenti ai lavori della Sessione, ma per svariati motivi nessuno di loro ha accettato di partecipare alla conferenza finale. Anche durante i lavori dei giorni precedenti, proprio da parte ortodossa erano venute fuori le maggiori perplessità intorno al concetto stesso di “riforma” delle Chiese: se – insistevano – la Chiesa “è” una determinata realtà, non può essere cambiata.

Da questa provocazione ha avuto inizio l’intervento di Dianich, il quale ha affiancato alla “ontologia” della Chiesa la sua “fenomenologia”, ossia il suo sviluppo nella Storia in questo tempo che sta a metà tra l’ascensione di Cristo e il suo ritorno. “La Chiesa è missione – ha detto. – E se il destinatario della missione cambia, anche l’annuncio si deve adeguare”. In particolare, che cosa sta cambiando oggi, quali sono i segni dei tempi? “In Europa assistiamo alla decadenza numerica delle Chiese, sia per l’abbandono della fede da parte dei credenti, sia per l’arrivo di immigrati di diversa religione. È la fine irreversibile del sistema di cristianità che ha plasmato la nostra cultura. In passato erano i Paesi cristiani a mandare evangelizzatori nel resto del mondo; oggi questa divisione del mondo in due parti non ha più senso. Non si tratta di ‘ricristianizzare’ la società, magari con l’imposizione. La riforma di tutte le riforme consiste nell’essere missionari attraverso i rapporti personali nella libertà della comunicazione, inclusa la comunicazione della propria esperienza di credenti”.

Nella pratica della vita ecclesiale, questo implicherà più sinodalità, cioè la partecipazione di tutti alla evangelizzazione; il decentramento dell’autorità; e uno stile di vita il più vicino possibile a quello della Chiesa delle origini.

Davide Romano ha offerto una vivace immagine della sua Chiesa, quella avventista, nata non per una “riforma” ma per un “risveglio”. I seguaci di Lutero, infatti, hanno presto “ingessato” l’insegnamento del fondatore, diventando restii a ulteriori cambiamenti; di qui i nuovi movimenti nati all’interno delle Chiese protestanti. Ha poi citato il teologo cattolico Ernesto Balducci, quando disse che “il dogma [nel senso di dogmatismo, ndr] a volte diventa un bastione per difendere la Chiesa dalle incursioni dello Spirito”. Ci si aggrappa ai propri idoli. Già nella Bibbia, prima della riforma di Giosia (2Re 22-23), c’era addirittura un idolo di Baal dentro il tempio di Gerusalemme!

“Preghiamo – ha detto – perché le culture si lascino istruire e contraddire dallo Spirito santo. L’ecumenismo non deve portare a una omologazione tra le Chiese, bensì alla valorizzazione delle differenze. In passato ci si lamentava delle liti tra teologi, oggi sono diventate una faccenda totalmente innocua… Una controversia, purché fatta non per scopi di competizione, può avere più valore di un dialogo tollerante”. Un argomento su cui le Chiese tacciono troppo è il futuro, “che oggi non gode di molta popolarità, è visto come una minaccia. Le Chiese devono ricordare la cosiddetta ’riserva escatologica’, il fatto che il futuro non è frutto della nostra pianificazione ma dono della promessa divina”.

 

Un vademecum per le celebrazioni ecumeniche

Nella settimana del Sae la liturgia è stata vissuta con celebrazioni confessionali ed ecumeniche realizzate da un gruppo formato da cattolici ed evangelici; con gli ortodossi è stato pregato l’Acàtistos a Gesù davanti alla Porziuncola. È stato inoltre valorizzato lo Shabbat per ribadire il ruolo di fondamento che Israele costituisce per il cristianesimo. Un ulteriore spazio di condivisione e lavoro comune sono stati i gruppi di studio e i laboratori, che – riportano gli organizzatori – “hanno risolto pregiudizi, destato sorprese, valorizzato i doni di ognuno, approfondito la riflessione iniziata nelle plenarie arricchendola dell’apporto di tutti”. Il gruppo “Liturgia tra tradizione e riforme” ha realizzato un Vademecum per le celebrazioni ecumeniche e una Celebrazione per il tempo per il creato. I bambini hanno seguito un loro percorso, mentre i gruppi di studio hanno risposto alle domande di Riccardo Maccioni, caporedattore di Avvenire.

AUTORE: Dario Rivarossa