Le Chiese e i “segni dei tempi” del 1989

MURO DI BERLINO. Cerimonia ecumenica a venti anni dalla fine dell’era della Germania divisa

Si è celebrata a Berlino, nella chiesa del Getsemani, una cerimonia ecumenica per i 20 anni dalla caduta del Muro, officiata da mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, e dal vescovo evangelico Wolfgang Huber, con l’arcivescovo di Berlino card. Georg Sterzinsky e rappresentanti della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane (Ack). Erano presenti, tra gli altri, anche il presidente della Repubblica federale Horst Köhler e la cancelliera Angela Merkel. “La caduta del Muro invita i tedeschi alla solidarietà”, ha detto mons. Zollitsch nell’omelia, esortando a “continuare a costruire con pazienza e costanza ponti insieme” che colleghino l’Est e l’Ovest. L’evento di cui ricorre il decennale sollecita inoltre i tedeschi “alla solidarietà costante verso persone e popoli costretti a vivere senza libertà”. “Il ricordo del 9 novembre 1989, unito al ricordo dei terribili eventi della notte del pogrom [del 1938], ci insegna in modo inequivocabile che i muri, siano essi reali o nelle menti delle persone, non risolvono problemi, al contrario li creano”. Ha quindi messo in guardia da “potenziali costruttori di muri” tuttora esistenti: “Non devono affermarsi, né nella società né nelle Chiese”. Zollitsch ha sottolineato il ruolo delle Chiese nella caduta del Muro, ricordando che “la preghiera del lunedì nell’ex Ddr ha incoraggiato non solo i fedeli ma anche persone lontane dalla Chiesa e non battezzati a partecipare alle manifestazioni. Proprio le Chiese, vicine concretamente alle persone tramite l’attività parrocchiale e la pastorale, sapevano dei conflitti di coscienza e dei problemi quotidiani ai quali erano esposte molte persone in quel periodo”. Le manifestazioni dell’ottobre 1989 espressero “il desiderio delle persone di poter finalmente condurre una vita in verità, senza bugie e sottomissioni”. Ma la libertà, ha avvertito, “deve essere sempre accolta di nuovo e protetta con attenzione”. Il vescovo evangelico della Chiesa di Berlino-Brandeburgo-Oberlausitz, Wolfgang Huber, ha illustrato il motto “Vegliate e pregate”, utilizzato nel 1989 nelle riunioni di preghiera che precedettero le manifestazioni pacifiche dei cittadini. “Vogliamo ricordare le veglie e le preghiere di coloro che si riunirono qui vent’anni fa. Pensiamo a loro con grande riconoscenza. In quel periodo, le persone hanno compreso i segni del tempo, mostrando coraggio civile, opponendosi alle intimidazioni. E tutto ciò senza violenza, con candele e preghiere. Oggi vogliamo conservare la libertà che fu conquistata allora”, ha continuato il vescovo evangelico Huber, ricordando le repressioni subite dai manifestanti per i diritti civili: “La chiesa del Getsemani è testimone non solo di scene di giubilo. Qui vi furono – come nell’orto del Getsemani – anche ore di disperazione. Il coraggio civile e lo spirito di libertà si scontrarono con la dura reazione delle autorità della Ddr. Più di 500 persone furono arrestate in questo luogo e in parte imprigionate per diverse settimane”. Riferendosi alla situazione attuale, Huber ha detto: “Il nostro compito è restare nella libertà che ci è stata donata. Per questo accendiamo anche oggi le candele. Esse sono il segno del fatto che nessuno deve andare perduto. Perciò, non ci rassegniamo al fatto che proprio nella Germania orientale vi sia una diffusa disoccupazione, perché non è questa la libertà alla quale volevano giungere le persone. Vigiliamo scrutando attentamente i nascondigli in cui si cammuffa l’ideologia di estrema destra”. Huber ha infine messo in guardia dal dimenticare questi fatti: “Siamo vigili anche quando le ingiustizie dello Stato socialista vengono minimizzate. Guardiamo con attenzione, affinché la libertà non divenga una parola vuota ma venga vissuta nella responsabilità reciproca”.