L’Eucaristia contro la fame

Parola di vescovo

Sulla tragedia della fame nel mondo si può anche tollerare qualche battuta più o meno scherzosa, ma non certamente la bestemmia, segno – come sempre – di grande ignoranza. Quando poi questa bestemmia viene pronunciata in televisione, pensando di essere spiritosi, allora non lamentiamoci dell’intolleranza altrui. Si stava parlando delle soluzioni al problema della fame nel mondo, e il conduttore ha inventato la soluzione di Benedetto XVI: “Il Papa propone due comunioni al giorno”. Potete capire il sarcasmo che c’è dietro questa espressione, che per me è peggio di una bestemmia, per tanti motivi. Papa Benedetto ha sempre affrontato i temi sociali con un rigore di intelligenza e di giustizia che non ha pari. Il suo stesso intervento alla Fao è un esempio di grande competenza su tutte le componenti del problema della fame nel mondo e su tutte le possibili soluzioni a livello economico e politico. Questa volta, trattandosi di un preciso messaggio ad un mondo laico, non ha neppure parlato del rapporto che ha l’eucaristia con la responsabilità dei cristiani sulla situazione della fame nel mondo. Per cui non c’era assolutamente motivo di farci entrare la Comunione come facile soluzione ad un problema mondiale. Il conduttore televisivo però, senza volerlo, mi ha provocato ad una precisazione che da tempo sto cercando di esprimere e di diffondere: l’eucaristia, da un punto di vista cristiano, è proprio la soluzione al problema della fame nel mondo. Così l’ha interpretata Gesù stesso, quando ha moltiplicato i pani e i pesci; e anche per questo ci ha lasciato la Cena eucaristica, perché diventiamo come lui capaci di dare la vita per gli altri. La messa non è solo mangiare un’ostia, ma la vita stessa di Dio che ci abilita alla sua stessa visione sul mondo e alla capacità di farci carico a livello politico, economico e sociale, dei problemi di tutti, perché non ci sia nessuno costretto a vivere nella miseria. Purtroppo l’eucaristia può anche ridursi a qualcosa di puramente intimo, sganciato dalla vita e dai problemi che questa comporta, ma non è questa la vera interpretazione e la vera esperienza cristiana. Se siamo autentici discepoli di Cristo, dobbiamo trovare nella celebrazione eucaristica della domenica la forza per condividere tutto ciò che siamo ed abbiamo, come la vedova del Vangelo che non ha dato solo il superfluo, ma tutto ciò che aveva per vivere (cf. Lc 21,1-4). Pensate quanto siamo lontani dal vero spirito cristiano e quindi dalla vita; ma non è colpa dell’eucaristia, o della croce di Cristo, bensì della nostra miopia e della nostra pochissima fede. Moltissimi dicono di essere credenti e non praticanti. Ecco l’effetto di questo tipo di fede che non produce cambio a livello sociale: è una fede zoppa, certamente insufficiente, se non risponde alle vere necessità dei poveri nel mondo. Una fede che non pratica – non mangia e non beve – non è capace di distribuire, è anoressica, produce solo ulteriore povertà e miseria. Non c’è bisogno di mangiare due ostie al giorno, basta la messa della domenica, vissuta con lo stesso cuore di Cristo, che ha dato tutto se stesso e ha scelto i poveri per farli ricchi di Dio e generosi come lui.

AUTORE: Giovanni Scanavino