Lo Spirito che ci converte.

Commento alla Parola della II Domenica di Avvento - Anno A

AltareBibbiaLa liturgia di questa seconda domenica di Avvento presenta come prima lettura un noto brano del profeta Isaia, che invita a confidare nel fatto che “un germoglio spunterà dal tronco di Iesse” (padre del re Davide). Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Questa definizione è il fondamento di quanto la tradizione della Chiesa insegna sui sette doni dello Spirito santo. Il Germoglio è infine descritto come elargitore di giustizia, pace e benessere. L’elevatezza lirica di questi primi 12 versetti del cap. 11 di Isaia – anche se nella traduzione italiana non emerge – sono introdotti da una congiunzione che esprime la continuità con quanto precede.

Il capitolo 10 presenta infatti la desolante situazione dell’Israele esiliato, situazione che poi si rovescia perché il Signore annuncia la bella notizia del ritorno in patria e dello stabilirsi della giustizia. Ma per realizzare ciò si servirà di un uomo del casato di Iesse (di colui che la cultura ebraico-cristiana identifica con il Messia). Questo messaggio viene confermato dal Salmo responsoriale, che inneggia alla figura di un re designato dal Signore a governare con rettitudine per favorire un clima di pace e di liberazione per l’oppresso. In linea con tutto questo, il Vangelo di Matteo presenta Giovanni Battista nel momento in cui annuncia la venuta del Signore. Giovanni è tutto concentrato verso il Signore; non parla di sé. Egli usa un tono molto duro riferendosi ai sadducei e ai farisei, definendoli “razza di vipere” e rinfacciando loro l’ipocrisia di vantarsi di avere Abramo come padre, ma di non assecondarne l’esempio.

I rimproveri che proferisce evidenziano una situazione politico-religiosa difficile; una situazione a cui potrà provvedere solo colui che “battezzerà in Spirito santo e fuoco”. Allora ecco che la Parola di questa domenica vuole proporci di orientare le nostre energie affettive e mentali, o meglio di investire la nostra vita su Cristo, che è certamente esigente (“tiene in mano la pala e pulirà la sua aia”), ma è il solo in grado di donarci o restituirci la pace, la giustizia e il benessere.

Ognuno di noi si domandi: “Gesù è davvero il Signore della mia vita? Quali inutilità dovrebbe aiutarmi a spazzare via dalla mia anima, perché in essa Lui si senta bene accolto?”. Forse a parole – e anche sinceramente – professiamo la nostra fede in lui, ma ci viene chiesto di fare sul serio, ogni giorno!

Edith Stein, ebrea, filosofa e monaca carmelitana, affermava: “L’essenziale è solo che ogni giorno si trovi anzitutto un angolo tranquillo in cui avere un contatto con Dio, come se non ci fosse nient’altro al mondo”. La Lettera ai Romani a proposito ci fornisce dei suggerimenti precisi per questi momenti speciali: la Parola di Dio, innanzitutto, dalla quale proviene la costanza e la consolazione; poi, in merito alle relazioni con gli altri, san Paolo chiede di avere “le stesse aspirazioni secondo Gesù Cristo”, il tutto per un unico fine: la glorificazione di Dio. Come deve essere compiuto tutto ciò? Attraverso il comune denominatore presente in tutte letture: l’apertura agli altri, perché il messaggio salvifico è universale. Isaia annuncia: “Le nazioni la cercheranno con ansia” (la dimora del Signore); il Salmo 71 presagisce che “in lui saranno benedette tutte le stirpi della terra”; san Paolo, citando un Salmo (18,5), rende la sua testimonianza affermando: “Ti loderò fra le genti e canterò al Tuo nome”; così il versetto introduttivo al Vangelo: “Ogni uomo vedrà la salvezza del Signore” (Is 40,3-5; Lc 3,6). Nel brano evangelico poi, da tutte le parti della regione accorrono persone attorno a Giovanni Battista.

A tutti egli propone l’atteggiamento della conversione e il battesimo. Tante volte ci è stato chiesto di riflettere sulla necessità della conversione e della riscoperta del valore del battesimo, e forse il tutto non ci fa più effetto! Anche alle folle che accorrevano al Giordano Giovanni non proponeva cose nuove, poiché il rito di immersione era già praticato dalle religioni antiche a scopo purificatorio. Apparentemente non compiva cose nuove, eppure suscitava grande interesse.

Chi si è lasciato “convertire”, cioè chi è stato disponibile a mettersi in discussione e a cambiare il proprio stile di vita, certamente è stato anche in grado di ricevere il battesimo in “Spirito santo e fuoco”, elemento che nell’Antico Testamento indica la manifestazione divina. E allora, cosa aspettiamo? Lasciamoci coinvolgere dall’annuncio della Parola di questa domenica, prendiamo sul serio oggi l’invito alla conversione, a lasciarci sconvolgere piani e pensieri per fare posto al fuoco dell’amore di Dio. Papa Francesco nella lettera apostolica Misericordia et misera, a conclusione del Giubileo della Misericordia, indica tra le priorità la confessione sacramentale – lui che, come tutti i confessori, ha esperienza di tante conversioni suscitate grazie a tale sacramento: “Nel sacramento del perdono Dio mostra la via della conversione a Lui, e invita a sperimentare di nuovo la sua vicinanza… ‘Lasciatevi riconciliare con Dio’ è l’invito che ancora ai nostri giorni l’Apostolo rivolge per far scoprire a ogni credente la potenza dell’amore che rende una creatura nuova” (MM, 8).

 

AUTORE: Giuseppina Bruscolotti