L’unico vero tempio di Dio

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini III Domenica di Quaresima - anno B

Il gesto di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio di Gerusalemme, è uno dei più significativi registrati dagli evangelisti, perché segna una svolta nella storia; ne parleremo fra poco. La liturgia lo proclama oggi, a causa dell’allusione alla Risurrezione: la Pasqua è l’orizzonte della Quaresima. Il tempio di Gerusalemme, a differenza dei templi delle religioni pagane, era unico al mondo e vuoto. Le molte divinità, personificazione delle forze della natura o delle pulsioni dell’uomo, avevano bisogno di visibilità. Da qui i molti templi sparsi sul territorio, le molte statue, i molti culti. Il Dio di Israele era l’Unico, l’Invisibile, il Trascendente, che non si identificava con alcuna delle forze della natura, ma tutte le dominava. Era il Dio del tempo e della storia. Non aveva bisogno di visibilità. Il suo culto avveniva comunque in maniera sfarzosa, con suoni, canti, profumi di incenso, abbondanza di acque; ma soprattutto con sacrifici di animali, che venivano uccisi, bruciati e il più delle volte mangiati, in segno di comunione con Lui. Questo esigeva che nei dintorni del grande complesso del tempio, nei suoi cortili, ci fosse la possibilità di fare acquisti, e di cambiare la valuta straniera con quella circolante a Gerusalemme. Con l’andar del tempo, quello che era nato come servizio al culto di Dio si trasformò in un’unica, grande piazza d’affari, con conseguenti liti, imbrogli e quant’altro. Questo spiega l’ira di Gesù, che non sopportò che la casa di suo Padre fosse diventata “una spelonca di ladri” (Gv 2,15-16). Gesti di contestazione simili erano stati fatti da alcuni antichi profeti: Geremia, ad esempio si era permesso di affermare cose ancora più pesanti (Ger 7,11). Geremia però aveva agito con l’autorità del profeta; ma chi era questo Gesù che si permetteva tali comportamenti? Tant’è che le autorità costituite andarono a chiedergliene conto; tanto più che giuridicamente tutto si svolgeva nell’ordine e nella legalità. La risposta di Gesù suonò ai loro orecchi così strana che dovettero prenderlo per matto.

Aveva detto: “Distruggete questo tempio, e io lo rimetto in piedi in tre giorni”. Scandalo generale: “Ci sono voluti quarantasei anni… e tu in tre giorni…?”. Tanto era il tempo trascorso infatti da quando Erode il Grande ne aveva iniziato il radicale restauro e l’ampliamento, facendone una delle meraviglie del mondo antico. L’evangelista Giovanni precisa che, in realtà, Gesù parlava del tempio del suo corpo. Lì per lì neanche i suoi discepoli ci capirono qualcosa. Lo capirono solo molto più tardi, “dopo che fu risuscitato dai morti” (2,22). E fu la svolta. Tutti gli elementi dell’episodio, azioni e parole, convergono in un punto: la funzione del tempio di Gerusalemme è conclusa; d’ora in poi l’unico tempio di Dio nel mondo sarà il Corpo di Gesù glorificato nella Risurrezione.

Quella struttura architettonica imponente, nella quale l’episodio si svolse, ebbe una lunga storia. Lo aveva pensato il re Davide, circa mille anni prima, ma Dio non gli aveva consentito di realizzarlo; fu consentito a suo figlio Salomone. Ogni ebreo credente era certo che Dio, oltre ad abitare nei cieli dei cieli, era presente nel Tempio. Tuttavia esso era solo un segno provvisorio, con funzione pedagogica: fino a quando, cioè, non fosse arrivato Colui che sarebbe stato la concreta, visibile abitazione di Dio sulla terra: nostro Signore Gesù Cristo. San Paolo scriverà: “In lui abita tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9).

Anche ai credenti in lui sarebbe stato concesso di diventare templi dello Spirito, come è scritto nella Prima lettera ai cristiani di Corinto (6,19): “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito santo, che è in voi?”. La cacciata dei mercanti dal tempio mi fa riflettere su un paio di cose, che ci riguardano personalmente. Una è la faccenda della “spelonca di ladri”, a cui i faccendieri del tempo avevano ridotto la casa del Padre. Abbiamo mai pensato che la stessa cosa facciamo noi? Nel battesimo il nostro corpo è stato fatto tempio dello Spirito santo, e noi vi mercanteggiamo quando diamo udienza alla mentalità del mondo, agli intrighi, alla libera sessualità, al compromesso.

L’altra considerazione è che spesso con Dio abbiamo un rapporto mercantile, del tipo do ut des. Pensiamo cioè, che quando operiamo il bene, accumuliamo “punti qualità” presso di Lui. Il cristianesimo, al contrario, si muove totalmente nella sfera della gratuità: Dio che ci ha dato gratuitamente suo Figlio, quando ancora eravamo nemici, non ci darà ogni altra cosa insieme con Lui? (Rm 8,32). E se c’è qualcuno ancora preoccupato di acquistare meriti, ricordi la parola del profeta Isaia: “I nostri meriti sono come un panno mestruato” (Is 64,5).

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all'Ita di Assisi