Nei panni di don Enzo Palombo

Nostalgia canaglia e supercanaglia al peperoncino avvelenato, quando mi abbandono al ricordo dei 10 anni di volontariato con i quali, tra il 1974 e il 1984, a titolo di manovali al servizio di 5 muratori di lungo corso, diverse centinaia di ragazzi e ragazze (da Gubbio, dall’Umbria, da Cesate, da Padova, dal Belgio…) trasformarono le quattro ossa dell’ex convento di San Girolamo sul monte Ansciano nella sede della Comunità di Capodarco dell’Umbria.

Vedevano in me uno che aveva perso la testa per i disabili, e mi seguivano. Oggi… Ma basta con la nostalgia! Il fegato ha diritto a una tregua. Pensiamo al futuro!

Pensiamo a progettare un futuro che ci faccia uscire dall’ impasse nel quale a quella birbacciona della nostra nostalgia piace crogiolarsi. Qualche buon anno fa, da Santorpete di Genova venne a Santa Maria al Corso, per concionare nella mia chiesa, la più povera di tutte le chiese della diocesi di Gubbio, don Paolo Farinella. Venne e prese atto di un fenomeno che nella sua originalissima parrocchia (una parrocchia senza territorio!) non si registrava: la fuga dei giovani dalla Chiesa in genere e dal volontariato in particolare. Venne, si grattò un attimo il naso, poi propose di chiudere le chiese per cinque anni e, visto che al loro termine tutti se ne vanno e spariscono, di ribattezzare “scuole di ateismo” quelle che del tutto impropriamente vengono chiamate “scuole di catechismo”. Provocazioni, certo. Ma il dramma è reale: fuggono tutti, progettano la fuga già nel cuore del penultimo anno di catechismo. Bah! Come la pensava don Milani? Mi metto nei panni di don Enzo Palombo.

Il 25 marzo 1955 don Lorenzo Milani scriveva a don EnzoPalombo, di Prato, che gli aveva chiesto un consiglio su come attirare i giovani in parrocchia. Udite, udite! “Non so cosa dirti del ping-pong.

Io sono sicuro che, se lo spezzi e, se in conseguenza di ciò, non avrai più nessun ragazzo d’intorno, non morirà nessuno. Avrai più tempo per pensare, più silenzio; e in più, pian piano, andrai costruendo quella immagine di prete più vera e degna di te che con l’andare del tempo attirerà col suo valore intrinseco molto più ragazzi che il ping-pong.

L’immagine di quel vero prete che sei già e che non devimascherare da giocoliere, né abbassare per avvicinare chi è in basso. Chi è in basso (cioè chi cerca disperatamente dei sistemi per buttare via il tempo) deve vederti in alto, magari per qualche anno odiarti e disprezzarti e fuggirti, e poi, se Dio gli dà la grazia, pian piano cominciare a invidiarti, imitarti, superarti…

La gente viene a Dio solo se Dio la chiama. E se invece che Dio la chiama il prete (cioè l’uomo, il simpatico, il ping-pong), allora la gente viene all’uomo e non trova Dio”. Udite, udite! E fate silenzio per una settimana.

AUTORE: Angelo M. Fanucci