Non portiamoci in giro

A pagina due di questo numero de La Voce sono riportate due lettere che esprimono orrore e indignazione per i numerosi fatti di pedofilia che sono rimbalzati su tutte le televisioni. Analoghe lettere si trovano pubblicate su tutti i giornali. Chi le scrive è certamente sincero e manifesta sentimenti profondi. Sono soprattutto donne, madri, sorelle, nonne e tanta gente sana e pulita che, grazie a Dio, si trova ancora in abbondanza. Vi sono manifestazioni, come la “marcia degli angeli” che si è svolta nei giorni scorsi a Foligno e iniziative di difesa dell’infanzia, la ricerca dei siti e lo smascheramento dei pedofili che si servono di internet per i loro scambi di “prede” innocenti. Realtà positive che permettono alla società di non precipitare nel baratro della barbarie. In una di queste lettere firmata si invoca il silenzio. Perché, di chi? Penso che sia una richiesta di responsabilità nell’affrontare temi scabrosi e nel dare spazio a curiosità morbose e soprattutto si chiede sincerità e coerenza nell’informazione e nell’ azione di pulizia del contesto culturale in cui viviamo. La pedofilia, come altre piaghe morali e sociali dei nostri tempi, nelle dimensioni che ha assunto non nasce come un fungo in terreno vergine, ma è frutto di un brodo di cultura, di un vivaio di idee e di valutazioni che risultano funzionali allo sviluppo di comportamenti inaccettabili. Sono le idee della corporeità sganciata dalla spiritualità, del piacere che non ha limiti, dei diritti dei singoli che non devono essere schiacciati da un tirannico super-io, della sessualità considerata come esercizio puramente ludico. Queste idee sono pane quotidiano della comunicazione di massa che ha potere di condizionare la coscienza fino a oscurarla e a renderla incapace di giudicare cos’è bene e cos’è male. Vi sono “comunicatori” che si impalcano sugli scranni dei loro talk show e sputano sentenze tra il plauso dei loro invitati, pronti a osannare alla libertà di scelta e ad ogni forma di trasgressione. Chi osa contraddirli è etichettato bacchettone e bigotto, retrogrado e disinformato. Si provi, sia pure la Loren, a dire che il matrimonio, secondo lei, è uno e indissolubile, un patto d’amore per la vita e si sentirà rispondere (è raccontato anche questo in una lettera di questo numero), che questa posizione è ipocrita, sorpassata, meglio sposarsi quattro volte. Un tempo erano indicati “cattivi maestri” quelli che insegnavano e davano dignità ideologica alla prassi della rivoluzione violenta. Oggi i “cattivi maestri” sono coloro che distruggono, con le parole e con gli esempi, i valori fondamentali della vita del singolo, della famiglia e della convivenza sociale. Cosa c’entra questo? dirà qualcuno, un conto è il divorzio e un conto è la pedofilia. E’ vero, ma la logica è la stessa, quella che porta poi all’aborto, all’eutanasia, alla clonazione umana, alla sperimentazione dell’ingegneria genetica sull’uomo, allo sfruttamento dei deboli, al commercio della prostituzione e così via. Chi pone limiti, a chi, in nome di che cosa, secondo quali criteri? Basta il codice penale? Queste sono le domande che oggi le persone pensanti e non solo i credenti, devono porsi, cercando delle risposte che siano conformi alla difesa della vita e della dignità degli esseri umani. E per questo si devono ridelineare i parametri di un umanesimo integrale di cui sono assertori i grandi filoni del pensiero cristiano e delle tradizioni religiose e di cui ha trattato magistralmente l’enciclica “Fides et ratio” di Giovani Paolo II già, purtroppo, entrata nel cono d’ombra. In questa ricerca dovrebbe cimentarsi anche il dialogo tra cattolici e laici, considerando, come afferma la stessa enciclica, che “la fede e la ragione sono come due ali che permettono all’uomo di raggiungere la verità”, e, come dice il vangelo, “la verità vi farà liberi”. Il resto, anche il ricorso a delle punizioni come la “castrazione chimica” fanno solo ridere. Non portiamoci in giro!

AUTORE: Elio Bromuri