Oltre l’angoscia

Questa volta hanno protestato tutti, o quasi, per l’esibizione di Eminem, il cantante rap americano al festival di Sanremo. Ha cominciato un vescovo, poi la Procura di Sanremo, membri del Consiglio di amministrazione e della Commissione di vigilanza, le associazioni dei genitori e dei consumatori, gli omosessuali, giornalisti e commentatori, fino a Luciano Paolucci, il padre di un bambino seviziato e ucciso da un giovane di Foligno. Per tutti i contrari alle canzoni di Eminem e al suo ingaggio al festival, Massimo Baldini ha detto al Presidente della Rai Roberto Zaccaria: “Deve fare in modo che la Rai non rappresenti uno strumento di turpiloquio e di istigazione alla violenza” Ma qual è il motivo di tanta contrarietà? Aldo Grasso sul Corriere della Sera fa questa descrizione del personaggio: “misogino, omofobo, razzista, antisemita, che infarcisce la sua esibizione sanremese di escrementi, insulti, teste di gatto mozzato, desideri sessuali con la madre”. Il giornalista ritiene, tuttavia, che la diffusa ignoranza della lingua inglese abbia reso indolore la esibizione. In altri termini, non ci ha capito niente nessuno, tranne gli addetti ai lavori. E allora perché tanto clamore? Non è servito ad altro che a far aumentare la notorietà del personaggio, dicono in molti, e la conseguente ascesa delle vendite dei suoi dischi. Meglio tacere. Ma come si fa a tacere proprio in questi giorni in cui la violenza, quella effettiva, con tanto di spargimento di sangue ha colpito la coscieza di milioni di persone? Come si fa a tacere di fronte a chi si presenta con la pretesa, vera o presunta, di cantare e di incarnare trasgressione e violenza? Anche solo per semplice buon senso qualcuno avrebbe dovuto capire che non era il caso di insistere su questo registro. Ma chi doveva capire? Raffaella Carrà, il Direttore di rete, il Presidente Rai? Chi è che deve capire in questo benedetto Paese? Sembra che esistano posti dove “si puote ciò che si vuole”, anche in termini di denaro e di ingaggi. La reazione dei contrari a questo tipo di programmazioni è arrivata a pensare che non ci sia altro rimedio che quello di non pagare il canone e di mandare all’aria la televisione di Stato. Ma a che serve? Al peggio non c’è limite, e poi, non c’è solo la Rai. La colpa in più che ha la Rai è di esigere un canone da tutti gli abbonati, praticamente da tutte le famiglie. E ciò comporta una responsabilità maggiore. Il discorso, tuttavia, non dovrebbe finire qui, con una raccomandazione a coloro che hanno in mano le leve del potere televisivo. E’ in gioco, e non solo in Italia, tutto il problema educativo e culturale in generale. Un problema non di poco conto se si pensa anche al travaglio che sta attraversando la scuola con una riforma che riceve aspre critiche tanto da provocare il pianto del Ministro della Pubblica istruzione. Dopo trent’anni di discussioni, tavole rotonde, seminari, sperimentazioni, progetti, siamo ancora divisi e disorientati. Non sappiamo quale sia la strada da percorrere per crescere in umanità e trasmettere alle giovani generazioni delle idee e dei modelli positivi che diano speranza. I fatti di questi ultimi tempi devono provocare energie fresche per alimentare la speranza oltre l’angoscia e la protesta.

AUTORE: Elio Bromuri