Per i giovani ognuno faccia la sua parte

Editoriale

Abbiamo ricevuto, dopo la tragica morte di Elisa, una serie di riflessioni ed anche un appello rivolto alla Chiesa ad interessarsi di più dei giovani. Tanto per ricordare, Elisa è quella ragazza, da tutti riconosciuta normale, brava e integrata nel contesto sociale, che si è perduta di notte in una melmosa stradina di campagna, sotto la pioggia, è caduta ed è morta. Tutti si sono domandati, perché? La risposta è stata unanime. Ai giovani va data una diversa e più solida educazione, perché non si facciano del male, siano forti e maturi di fronte a lusinghe e tentazioni di una società che non apre loro la speranza di un sereno futuro. In una conferenza, di cui parliamo in altra parte del giornale, Giuliano Amato ha detto paradossalmente che noi, generazione adulta, ai giovani di sicuro lasciamo solo un formidabile debito pubblico che prima o poi dovranno pagare, mentre sarebbe giusto che i debiti li paghi chi li fa. Dal contesto sociale dominante provengono, gridati o sussurrati, inviti ai giovani a divertirsi, consumare, che non si lascino sfuggire nessuna occasione, ”meglio avere rimorsi che rimpianti”. È diffusa nei comportamenti una certa immoralità, meglio si direbbe amoralità, in quanto assenza di rilevanza morale di atti e costumi. Direttamente o indirettamente i giovani sono indotti a seguire l’andazzo dominante della ricerca delle soddisfazioni più immediate. Alle proposte e agli appelli che ci pervengono da ogni dove per fare di più per i giovani dobbiamo dare con serenità una risposta chiara. La Chiesa oggi riserva la maggior parte delle sue energie e risorse proprio verso i giovani. Basta sfogliare le pagine locali, anche in questo numero de La Voce per scoprire quanto spazio è dedicato nelle diocesi e parrocchie ai giovani. A Città di Castello ad esempio si fanno proposte concrete ed è stato steso persino un decalogo, il decalogo di don Samuele. A Perugia si sta avviando una missione per i giovani. L’Azione cattolica, Comunione e liberazione e gli scout sono costituite da giovani. Ci sono mille iniziative, oratori, corsi estivi, scuole di formazione. Ma, come si è detto, tutto rischia di essere vanificato dai cattivi maestri che esaltano la vita sregolata, ed insegnano che ognuno ha le sue opinioni e un’opinione vale l’altra, relativismo e superficialità, suffragate da esempi di trasgressione più o meno leggera. Risulta a proposito la riflessione del card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al Consiglio permanente del 24 gennaio scorso che, tra l’altro, venerdì 11 marzo terrà una lezione nella sede più alta della cultura accademica dell’Umbria, l’Aula Magna dell’Ateneo perugino sul tema “Scienza e fede, due vie per la formazione dell’uomo” (articolo a pag. 14). Ha detto Bagnasco: “Se si ingannano i giovani, se si trasmettono ideali bacati, cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorto della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale. È la speranza pane irrinunciabile sul tavolo dei popoli a piegarsi e venir meno”. Si può concludere affermando che l’educazione è un atto comunitario. Ognuno faccia la sua parte.

AUTORE: Elio Bromuri