Per pregare “veracemente”

LITURGIA. Entrava in vigore 40 anni fa il Messale di Paolo VI

Il 30 novembre di 40 anni fa entrava in vigore, per tutta la cattolicità, il Messale di Paolo VI. Nella prima domenica d’Avvento, con la quale principia l’ anno liturgico, il nuovo messale, frutto ed opera del Concilio Vaticano II e promulgato dal successore di Pietro, vedeva la luce nel giorno della festa di sant’Andrea apostolo, fratello di Simone. Lo si chiamerà comunemente “Messale di Paolo VI” per differenziarlo da quello tridentino detto “di san Pio V”, ma in realtà l’intero merito dell’opera è da attribuirsi ben a ragione (o a torto, secondo alcuni!) a mons. Annibale Bugnini. Bugnini, esperto liturgista che aveva già collaborato nel 1954 con papa Pio XII per la riforma della Settimana santa, venne inserito dal Papa all’interno del Consilium ad exequendam Constitutionem de sacra liturgia (organismo nuovo a sé stante, voluto dal Papa e parallelo alla sacra Congregazione dei riti, competente in materia) capeggiato dal cardinale Giacomo Lercaro: l’imprevedibile, anticonformista arcivescovo di Bologna. Il Papa infatti temeva possibili rallentamenti, dato che la Congregazione dei riti capeggiata dal cardinale spagnolo Arcadio Larraona – porporato conservatore e vicino alle posizioni di Ottaviani e Siri – aveva prospettavo un lasso di tempo di almeno dieci anni prima di poter tradurre in pratica le nuove norme liturgiche. Naturalmente il Messale che viene promulgato quel 30 novembre del 1969 è il frutto di un lungo cammino di lavoro e di preghiera, volto a far ritrovare al rito la sua reale funzione di comunione, restituendone ai fedeli la maestà, non più figlia di quegli orpelli barocchi (che va però riconosciuto: furono essenziali nel tempo passato). Il 25 gennaio 1964 col motu proprio Sacram liturgiam Paolo VI permette che si usino le lingue nazionali per le letture ed il Vangelo nella messa degli sposi. È un documento importante perché è il segno d’inizio, ma caso vuole che venga a provocare le lagnanze dei progressisti che lamentano sia stato concesso “troppo poco”! La risposta alle proteste giunge qualche tempo dopo: il 26 settembre la sacra Congregazione dei riti con l’istruzione Inter Oecumenici autorizza le lingue nazionali nelle letture e nel Vangelo, ed anche nel Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei; si userà la lingua volgare anche per la preghiera dei fedeli, quella sulle offerte, ed al Pater noster. Questa nuova tipologia del rito della messa, entrata in vigore dal marzo del 1965, sarà tra l’altro accettata e celebrata anche da mons. Lefebvre. Infine il 31 gennaio del1967 il Papa permette, sia pure in via sperimentale, l’uso del volgare anche nel Canone, manifestando però la volontà che le edizioni del Messale siano comunque bilingui. (Il Canon missae, la parte più sacra della celebrazione, nella sua forma almeno, non era più intangibile: già in precedenza Giovanni XXIII aveva ordinato di aggiungere il nome di san Giuseppe dopo quello della beata vergine Maria). Anche Paolo VI, che viene dai più elevato a paladino della modernità, avrà le sue riserve e, pur mantenendosi sempre al di sopra delle parti, quando non vengono intaccati i fondamenti della religione, si addolorerà nel veder cancellata dal breviario, riformato sul nuovo calendario, l’ottava di Pentecoste. Lo stesso mons. Annibale Bugnini, nel 1973, verrà inviato (amoveatur, ma non promoveatur) pro nunzio in Iran, dove rimarrà fino alla morte. Assieme al Messale, viene pubblicato nel 1969 anche il nuovo Rito del battesimo, quindi la Liturgia delle ore (1971); l’Unzione degli infermi (1972) ed il Rito della penitenza (1973). L’edizione attuale, ritoccata da Giovanni Paolo II e in ultimo, proprio in questi tempi, da Benedetto XVI, è il frutto di quel lungo lavoro che prese le mosse 40 anni or sono, voluto e sostenuto, sotto la guida dello Spirito santo, per il solo bene e vantaggio dell’uomo; che, per usare le parole di Paolo VI, deve esser aiutato a “veracemente pregare” perché “a nulla servirebbe la riforma liturgica se non aumentassero nella Chiesa i veri adoratori del Padre in spirito e verità”.

AUTORE: Umberto Benini