Piccolo, grande spaccato di cattolicità

Settimana sociale dei cattolici italiani: le impressioni di una delegata dall'Umbria

Si è appena conclusa la 45a Settimana sociale, inaugurata a Pistoia il 18 ottobre e proseguita con le sessioni di studio a Pisa fino a domenica 21. È stata un’edizione particolare perché nell’anno centenario dalla prima del 1907, Settimana nata grazie all’opera di Giuseppe Toniolo. Una sassaiola accolse i partecipanti della prima Settimana, un’accoglienza attenta ha invece accolto i delegati, più di mille, provenienti da tutte le diocesi italiane. Benedetto XVI nel suo messaggio di saluto ha commentato il tema del Convegno: ‘Il bene comune oggi. Un impegno che viene da lontano’ con queste parole: ‘Il tema scelto, pur essendo già affrontato in alcune precedenti edizioni, mantiene intatta la sua attualità ed anzi è opportuno che sia approfondito e precisato proprio ora, per evitare un uso generico e talvolta improprio del termine bene comune’. È toccato ad Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ripercorrere la storia delle Settimane, mettendo in evidenza, in ultimo, come siano state lo specchio da un lato, proposta propulsiva di nuove vie dall’altro, della situazione politico-economico-sociale del nostro Paese. L’economista Stefano Zamagni ha relazionato sul tema ‘Bene comune nell’era della globalizzazione’ e, attraverso un percorso articolato tra storia ed analisi economica, ha proposto una visione di bene comune raggiungibile e godibile mediante l’intersezione a pieno titolo e con eguale dignità dell’economia civile (il terzo settore) nel binomio classico di Stato-mercato, grazie anche ad un allargamento degli spazi della partecipazione alla costruzione della polis mediante l’esercizio della democrazia deliberativa. Pierpaolo Donati, sociologo dell’Università di Bologna ha relazionato sul tema ‘Stato, mercato e terzo settore’; al cuore della sua tesi, il superamento dello stile hobbesiano contrattuale e conflittuale della relazione politica-società civile: ‘La res publica in Italia è un campo di lotta fra partiti politici, gruppi di potere, di pressione e di influenza che perseguono interessi particolaristici senza alcuna reale responsabilità verso il bene comune. Questa concezione storica del bene comune e dello Stato ha esaurito la sua spinta e diventa patogena. Occorre rifondare lo Stato sociale sulla base di una visione del bene comune alternativa alla soluzione hobbesiana e che si ispira alla dottrina sociale cattolica’. Francesco D’Agostino dell’Università di Tor Vergata ha invece parlato sul tema ‘Le prospettive della biopolitica’, indagando sulla sempre maggiore pervasività del legislatore sulla vita personale e sulla sfera privata della persona. Luigi Alici, presidente di Azione cattolica italiana, ha avuto l’incarico di esporre l’ultima relazione: ‘Educare e formare’, il ‘lavoro’ dell’educazione come lavoro di fascino, di testimonianza, di formazione integrale della persona. Infine la tavola rotonda della domenica ha chiuso i lavori. Tra gli interventi, da segnalare quello di Savino Pezzotta, che ha presentato il bene comune come ‘scelta antropologica, come visione dell’uomo e del suo essere nel mondo’. Novità di questa Settimana sociale, la presenza di politici: il ministro Fioroni, Paola Binetti, Luisa Santolini, Pierligi Castagnetti, Rocco Buttiglione, Luca Marconi ed altri che si sono avvicendati, hanno partecipato ai lavori anche con interventi, ma soprattutto hanno ‘respirato’ il vento che tira nella comunità ecclesiale: no all’antipolitica, ma al contempo un desiderio di trovare spazi nuovi di partecipazione, una domanda di non invasività della sfera politica sul civile, una richiesta di attenzione ai problemi concreti della gente. L’assemblea dei delegati ha lasciato trasparire, dai numerosi interventi (più di 200), dalla ‘geografia’ degli applausi, l’esistenza di anime diverse decise ad ascoltarsi, a capirsi, ma anche, a volte, prigioniere di schemi più ideologici che teologico-pastorali. Un esempio su tutti: è stato da più parti descritto lo scenario di una spaccatura tra chi difende i valori della vita e della famiglia, ‘sentiti’ di destra, e chi invece quelli della pace, della giustizia, della salvaguardia del creato, attribuiti alla sinistra. Molti si sono decisamente dissociati da questa visione, ricordando l’unitaria completezza dell’insegnamento del Magistero. Niente di nuovo forse, ma di nuovo c’è stata la ricchezza degli interventi, la grande attenzione nell’ascoltare e nel capire, una varietà di esperienza, di mondi, che, pur nella naturale dialettica, riescono tuttavia a coesistere. Pisa è stato un piccolo spaccato di cattolicità della Chiesa cattolica. E per noi umbri? Siamo tornati con tanta voglia di comunicare prima di tutto la bellezza della Chiesa italiana, viva e varia, comunicare la voglia di tanti cattolici di partecipare al dibattito pubblico del proprio Paese, e soprattutto di lavorare perché proprio in Umbria, terra di Francesco, tante volte ricordato in questa Settimana, i cattolici possano contribuire – di più di quanto fino ad ora hanno fatto – al bene comune, allargando gli spazi della partecipazione democratica. E in Umbria ce n’è davvero bisogno.

AUTORE: Roberta Vinerba