Preghiera e contemplazione per le clarisse di Città della Pieve

Il 9 agosto il monastero festeggia i 750 anni. La storia nei vari secoli

A Città della Pieve il 9 agosto si festeggia un centenario: è quello del 750’anniversario della fondazione di quel monastero (9 agosto 1252 – 9 agosto 2002) che è tra i più antichi monasteri delle Sorelle Povere di Santa Chiara, dopo quello di Perugia-Monteluce; fu fondato quando era vivente santa Chiara. Nella sagrestia del monastero si conserva ancora la grande pergamena con il decreto di fondazione. Attualmente nel monastero si trovano 32 monache e alcune probande. Le celebrazioni sono iniziate il 31 luglio e termineranno il 25 agosto con varie iniziative, tra cui segnaliamo quella del 2 agosto, festa del “Perdono di Assisi” con la celebrazione delle ore 10.30 presieduta dal cerd. Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze; il 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore la messa delle ore 10.30 sarà presieduta da mons. Rodolfo Cetoloni, vescovo di Montepulciano-Chiusi; il 9 agosto (festa del centenario) alle ore 10.30, messa presieduta da padre Massimo Reschiglian, provinciale dei frati minori dell’Umbria; alle ore 18 vespri presieduti da padre Eligio Gelmini. Era da qualche anno che le monache clarisse, nel bel mezzo del XIII secolo, vivevano a Castel della Pieve (così era detta allora Città della Pieve) in una piccola dimora o, forse, una cella donata dai monaci benedettini, quando il 9 agosto 1252 giunse loro una Bolla, o decreto, del Papa Innocenzo IV diretta all’Abbadessa e alle monache rinchiuse in Santa Lucia al Prato di Castel della Pieve, diocesi, allora, di Chiusi. Le monache clarisse, già prima della Bolla di Innocenzo IV, avevano iniziato ad ampliare il loro monastero. Ma, avendo risorse insufficienti per portare a termine l’impresa, il Papa Alessandro IV, nel 1257, concesse delle indulgenze a coloro che avessero dato offerte o materiali per aiutare le monache. Anche il vescovo di Chiusi, Pietro, il 15 ottobre 1289, sulla falsariga della Bolla di Alessandro IV, concesse l’indulgenza di 40 giorni a chi avesse in qualsiasi modo collaborato per compiere l’opera. Il monastero di Santa Lucia ebbe poi diversi ampliamenti dato che il numero delle monache aumentava sempre di più: nel 1487, nel 1665, nel 1682 e nel 1713. Al tempo del vescovo di Chiusi, Salvatore Pacini, nel 1579, furono rafforzate con speroni le mure di cinta che delimitano e proteggono ancora oggi la clausura. LA CHIESA DI SANTA LUCIALa costruzione della nuova chiesa fu iniziata nel 1724 e, per quanto riguarda la struttura dell’edificio, fu terminata nel 1749. Si cercò poi di rifinirla e di abbellirla. La nuova chiesa fu inaugurata e benedetta nel 1774. Non si conosce il nome dell’architetto che ne fece il progetto. Si sa solo che gli ultimi lavori furono eseguiti sotto la direzione dell’architetto Clemente Moghini. La chiesa di Santa Lucia, che risultò a croce greca e coperta da cupola, fu consacrata nel 1842 dal vescovo di Città della Pieve, mons. Giuseppe Severa. SPOLIAZIONI E SOPPRESSIONIIl monastero delle monache clarisse di Città della Pieve subì alcune spoliazioni e soppressioni. Nel 1798, al tempo della Repubblica francese, vennero asportati oggetti d’oro e d’argento. La comunità fu soppressa, come tutti gli ordini religiosi, nel 1810, dall’imperatore Napoleone Buonaparte. Il Governo francese costrinse le monache a lasciare il monastero; quasi tutti gli oggetti, gli utensili e gli arredi sacri furono rubati. Furono persino asportate le campane e le grate. Le monache riebbero il monastero dal Papa Pio VII il 15 aprile 1815. Le monache rischiarono di perdere definitivamente il monastero dopo l’unificazione d’Italia quando il Governo italiano, nel 1866, volle applicare le leggi “Saccardi”, che prevedevano la soppressione di tutti gli ordini religiosi. Ma qualche anno dopo le monache, con prudenza e con furbizia, riuscirono a riappropriarsi del monastero, dove attualmente conducono, nella serenità e nella pace, la loro vita di fede. REGORIO XVI, PIO IXE GARIBALDI CON I SUOI “GARIBALDESI”In questa lunga storia vari episodi sono accaduti, che meriterebbero di essere ricordati. Ci limitiamo ad alcuni. Nel 1841 le monache clarisse di Città della Pieve ebbero la visita del Papa Gregorio XVI e nel 1857 Papa Pio IX si recò nel monastero di Santa Lucia. Nel 1848 l’abbadessa Maria Felice Costante Fatteschi affrontò i “garibaldesi” dell’eroe dei Due Mondi, Garibaldi. Ascoltiamo come ci racconta l’episodio padre Agostino Brigida, frate del convento agostiniano di Città della Pieve e confessore delle monache clarisse. “I francesi, dopo molte fatiche, il 3 luglio 1848 entrarono e si impadronirono di Roma. Il Garibaldi, uscendo da altre porte di Roma per salvarsi le spalle, incoraggiò i suoi soldati a seguirlo e ne ebbe circa 3.000 coi quali, dopo molti giri, sevizie e misfatti, venne a Ficulle dalla parte di Orvieto. Circa 40 uomini a cavallo si portavano per i luoghi ove egli forse con la truppa non passava. Questi con il loro capo vennero il 15 luglio a Città della Pieve, e il capo si portò solo nei conventi… e chiedeva somme esorbitanti, incutendo timore come mandato del suo generale… La petizione fatta al monastero fu indiscreta: chiese 2.000 scudi e poi si accontentò di 150. In tal circostanza niuno accorse per contrastar quel brigante, e l’Abbadessa sola ebbe il coraggio di maneggiarsi con lui sino a costringerlo a chiedere gli scudi per elemosina. E tale sborso fu fatto a scanso di cattivi trattamenti alle persone ed aggressioni al monastero. Il Garibaldi non venne con la truppa dei suoi garibaldesi come si temea, ma si portò a Cetona…”. IL PASSAGGIO DEL FRONTEDI GUERRA NEL 1944Nel libro delle “Memorie” del monastero di Santa Lucia, scritte da una monaca, troviamo il racconto dei giorni tristi della seconda Guerra mondiale: le sofferenze, i timori, le ansie per i tedeschi che volevano entrare nella clausura, per le bombe che cadevano sui tetti, ma specialmente per la testimonianza di fede e di amore per gli sfollati della città, accolti nel monastero e assistiti con dedizione e carità dalle monache. “16 giugno 1944. Il cannone spara continuamente con fracasso infernale, molti fabbricati in città sono crollati… Questi inumani tedeschi vanno derubando tutto senza pietà; oggi poi sono in giro a minare i più bei palazzi delle vie migliori; prima però costringono i cittadini a lasciare le case, spingendoli avanti con la rivoltella, e li cacciano via dalle case senza lasciare loro il tempo di prendersi lo stretto necessario: In pochi momenti corrono numerosi a noi, gente di ogni età e condizione, perché si nascondino nelle nostre cantine; che fare, mio Dio, in questo frangente? il Vescovo non ha pensato a darci nessuna direttiva; ed a noi pesa sul cuore il pensiero della violata clausura. Sono scene pietose, la Chiesa è piena di gente e delle robe che hanno potuto sottrarre alla rapacità tedesca, pensiamo di aprire lo stallone; l’androne e i due parlatori sono gremiti; hanno tutti affrontato i tiri del cannone pur di mettersi in salvo. Oh che momenti! Quello che più ci impietosisce sono due coniugi anziani, malati, che abbiamo accolto nella clausura, dove abitiamo noi. 17 giugno 1944. Notte e giorno il cannone spara alla disperata, le case cadono sempre più numerose… le molte persone qui rifugiate hanno bisogno di pane, di coperta; non vi è nemmeno l’acqua, fortunatamente possiamo prenderla dai pozzi, ci prodighiamo con il pochino che abbiamo, e che sembra che il Signore moltiplichi fra le mani della nostra Madre abbadessa e ci sforziamo di sfamarli con minestre improvvisate, pane, ecc. però al terzo giorno ci viene meno il poco pane che avevamo, ed a farlo si dovevano sfidare i proiettili che numerosi cadevano sopra il debole tetto del forno. Fiduciose nel Signore ed a conforto di quei sofferenti ci siamo messe all’opera, ed è riuscito tutto bene, così oggi hanno potuto mangiare quei derelitti”. E la Monaca, che stende le memorie, passato il fronte di guerra, non può fare altro che riconoscere “i miracoli del buon Dio”. “18 novembre 1944. Sorelline care che in seguito leggerete questi appunti, ricordatevi le grandi misericordie del Signore a questa santa Comunità, ed amatelo questo Dio buono, e ricompensatelo con la santità, fidatevi di Lui, che farà anche per voi i grandi miracoli che ha fatto per noi, specialmente in questi tristi anni di guerra”.

AUTORE: Remo Serafini