Premio “Santa Rita” a donne che cambiano il mondo con l’amore

La vita di Maria, Zaira e Maria N. spesa per gli altri in famiglia, in missione, in Italia e in Africa

Da molti anni ormai a Cascia il 22 maggio si onora la ‘santa dell’impossibile’ (o degli impossibili?) con il “riconoscimento internazionale Santa Rita” a tre donne che della loro vita hanno fatto un dono gioioso agli altri (programma della festa di santa Rita a Cascia a pag. 22) . Iniziativa storica ma non per questo meno fresca e interessante. La vita di queste donne è fatta di gesti e scelte quotidiane e discrete che visti nella somma degli anni paiono quasi eroici. Le motivazioni per l’assegnazione del premio tratteggiano la loro personalità. A Maria, “per la sua infaticabile fede e operosità nella vita quotidiana come donna, moglie e madre, e per aver vissuto come Rita anche la vedovanza guidata dalla forza e dalla creatività dello spirito per generare in tutti speranza e vita”. A Zaira “per essersi dedicata completamente alla causa degli ultimi con intelligenza, amore e profezia, collaborando con il Cristo a redimere il dolore e stimolando molti a farsi prossimo”, A Maria N. “per la sua fede profonda che le ha permesso di dedicare tutta la sua vita all’Amore, contribuendo ad alleviare le sofferenze di tanti uomini e donne africani e trascinare tanti alla carità”. M.R.V.Maria AbigaÈlMaria Abigaìl Costa Amorin GuimarÈes è nata nel 1928 a Freguesia de Campana, Porto. Dopo la formazione liceale ha frequentato il corso di Filosofia romana, nella facoltà di Lettere della Università di Coimbra e il corso di Bibliotecario – Archivista nella stessa università. E’ stata professoressa di francese e di portoghese in alcuni licei ed istituti della città di Porto ed infine anche bibliotecaria nel collegio di “Nossa Senhora do RosÈrio”; dal 1990 al 1998. Numerose sono state le sue attività a Porto in associazioni religiose: è membro della Lega universitaria cattolica femminile, a partire dal 1955; ha tenuto corsi di cristianità (Cursillos), a partire dal 1966; svolge il servizio di Guida di Nossa Senhora a partire dal 1977; appartiene alla Scuola del Movimento laico, a partire dal 1972. Queste numerose attività Maria Abigaìl le ha vissute senza trascurare la numerosa famiglia che ha generato con generosità: è infatti madre di sei figli ed oggi anche nonna di dieci nipoti. Non ha rinunciato al suo intenso apostolato nemmeno quando, nel 1991, è rimasta Vedova. Anzi, dal Novembre del 2001 è membro attivo del movimento “Speranza e vita” per donne vedove nella città di Porto. A partire dallo stesso anno, presta servizio come volontaria nel Centro sociale di Pasteleira, specialmente come membro del “Coro delle nonne”. Zaira SpreaficoZaira è nata a Lecco il 6 aprile 1920. Dopo aver prestato servizio come crocerossina volontaria negli ospedali militari, Zaira si è interamente dedicata all’opera di Don Luigi Monza. Con adeguata preparazione specifica (avendo frequentato l’istituto Magistrale, con specializzazione in psicometria, fisioterapia e logoterapia) si è prodigata nell’assistenza ai fanciulli abbandonati del dopoguerra, orfani o figli di giustiziati e detenuti politici, in collaborazione con la Pontificia opera di assistenza. Dal 1946 si è dedicata all’organizzazione di servizi per la diagnosi, la cura e la riabilitazione delle disabilità infantili: su richiesta e in collaborazione con l’istituto neurologico “Besta” di Milano, ha contribuito alla creazione del primo Centro di riabilitazione a Vedano Olona. Dal 1948 è presidente dell’associazione “La nostra Famiglia”, opera concepita per il recupero di soggetti portatori di handicap. Sempre dal 1948 è stata responsabile generale dell’istituto secolare delle Piccole apostole della Carità, fondato dal Servo di Dio don Luigi Monza, di cui è in corso il processo per la Causa di beatificazione. Tale mandato le è stato conferito direttamente dal Fondatore ed è cessato nel novembre 1989 dietro sua reiterata richiesta. Dal 1947 Zaira si è dedicata completamente all’organizzazione di servizi per la diagnosi, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, disabilità o handicaps e del disagio infantile, dando vita a una rete di 33 Unità operative in diverse regioni d’Italia, in Sudan, in Brasile ed in Ecuador, e in numerosi altri paesi in via di sviluppo. Complessivamente ogni anno vi accedono 13.000 soggetti per ricevere prestazioni specialistiche, in un clima d’accoglienza cristianamente animata. Nell’opera “La Nostra Famiglia”, ambito apostolico privilegiato per le ‘piccole Apostole della carità’, oggi sono coinvolti oltre duemila operatori. La Spreafico, attenta al mutare delle esigenze dei tempi e dei bisogni emergenti, spesso anticipatrice e profetica, è stata instancabile e intelligente promotrice e animatrice di sempre nuovi sviluppi dell’attività intrapresa, ha saputo infondere la carica ideale ricevuta direttamente dal Fondatore alle persone che l’hanno seguita e che da lei sono state formate e stimolate a dare il meglio di sé nel servizio ai più poveri. Persona umile e riservata, Zaira Spreafico non vuol sentire parlare di meriti. Ma non c’è dubbio che la sua storia personale coincida, di fatto con quella de “La Nostra Famiglia” e più in generale con quella della riabilitazione in particolar modo in Italia. Maria NegrettoLa sua storia comincia nel 1969, quando decide di partire per il continente africano con un’associazione di volontariato: doveva restarvi quindici giorni, ed è lì da trenta anni. A quel tempo lavorava in ospedale e proprio mentre frequentava il corso di caposala ha avvertito il bisogno di fare qualcosa di più per gli altri. Da allora ha prestato il suo servizio nell’Ovest del Paese africano, dove le condizioni igieniche erano e sono terribili. Uno dei primi problemi che ha dovuto affrontare è stato quello dei bambini rimasti orfani in seguito alla morte da parto della madre. Ha poi combattuto la lebbra per 15 anni nella zona di Bankoup ed è riuscita, insieme al suo gruppo di volontari, a debellarla. Ha conseguito risultati importanti anche con le campagne di vaccinazione e di educazione sanitaria, sostenuta in questo dagli amici e dalla diocesi di Rimini. L’ultima opera nata dalle sue mani è un centro sanitario a Baleng, periferia della città di Bafoussan. E’ un day hospital. Ci lavorano 10 persone, di cui 8 del luogo. Maria sta organizzando una raccolta di fondi per l’acquisto di una macchina per le analisi biochimiche, analisi che in Camerun possono permettersi solo i ricchi, ed è inoltre alle prese con il terzo centro di Baleng. Il primo lo ha cominciato con i soldi della sua pensione, aiutata in ciò da amici e dal ricavato del lavoro missionario, a cui partecipano ogni anno moltissimi riminesi. Ha ricevuto medaglie dai dirigenti camerunesi, ma ha anche mantenuto legami stretti con la sua diocesi, dove torna ogni due anni. Recentemente ha preso ad occuparsi di chi soffre di malattie mentali: i “matti di strada” come sono chiamati in Camerun, per i quali sta progettando adeguate e stabili forme di accoglienza, in ciò aiutata da uno psichiatra africano. Maria ha ormai i capelli bianchi. Vivendo nel continente africano, ha quasi perso l’uso delle ginocchia, ma non ha perso l’ottimismo, in ciò sostenuta da una fede profonda, alimentata giornalmente dalla preghiera con la sua famiglia della missione, che l’aiuta come avverte lei stessa ad “andare avanti, evitando il pericolo, sempre dietro l’angolo, dell’attivismo”.

AUTORE: M.R.V.