Presentato a Perugia un libro fotografico che racconta la tragedia del “muro”. Ne parla chi c’è stato

Per decidere chi ha ragione e chi ha torto, per tracciare un confine arbitrario, per dettare la legge del più forte, un muro non basta. Il 3 dicembre 2010 si sono svolti a Perugia due incontri di presentazione di un libro fotografico di Andrea Merli Un muro non basta; la scelta della fotografia, come forma di testimonianza di una situazione quale quella della Palestina, è stata caratterizzata dal fatto che una stampa può significare più di mille parole, ferma un attimo che non ci sarà più, segna un ricordo e può far comprendere in maniera più diretta ciò che viene rappresentato all’interno di essa. Questo libro, in 105 immagini, scandisce gli avvenimenti che, tra l’autunno del 2004 e l’estate 2010, hanno segnato la storia della Palestina. La presentazione serale, avvenuta al centro Mater Gratiae, è stata un Evento con la E maiuscola. Andrea Merli, assieme a don Mario Cornioli, ha accompagnato ogni fotografia con una spiegazione, evidenziando dettagli che chi guarda le immagini non sempre può cogliere a prima vista. Quella sera, oltre alle foto del libro, ne sono state mostrate molte altre che, oltre a farci conoscere la “gabbia” che è ormai racchiusa al di là del muro, ci hanno portato nella tanto “temuta” Gaza. Sono stata due volte in Palestina (con il gemellaggio tra scuole, ndr) e ho riconosciuto nelle fotografie: gli insediamenti israeliani, che aumentano ogni giorno di più, le code chilometriche che iniziano a formarsi dalle 6 di mattina, se non prima, davanti ai check-point per riuscire a trovare un lavoro dall’altra parte, le case che non hanno più una vista fuori dalla finestra, perché hanno il muro attorno… ma Gaza, non l’avevo mai vista con gli occhi con i quali ho osservato quelle immagini durante la presentazione. Forse, se cerco di far riaffiorare qualcosa dalla mente, posso ricordarmi di immagini veloci, sgranate, che ci vengono date dai media televisivi. Invece quelle foto, ora, le porto nel cuore e, più di esse, le parole di don Mario: “Il buio di Gaza è diverso; quando lì scende la sera, non si sente alcun rumore… è speciale, ma allo stesso tempo quasi terrificante. Ogni tanto di giorno, quando si vedono degli aerei nel cielo, si pensa: ecco, tra un attimo tutto finisce. Poi, nel momento in cui l’aereo se ne va, si ricomincia tutto come prima. Osservando queste foto scattate al mercato potete notare che ogni bancarella ha un suo generatore, perché lì non c’è corrente: Israele ce l’ha sotto controllo”. Scorrendo ancora le immagini, continuiamo a diventare testimoni indiretti di asili divisi dal muro, pastori che devono fare un percorso molto più lungo rispetto a quello che facevano prima della costruzione del muro per portare al pascolo le pecore, palestinesi che, pur di guadagnare qualche soldo, si costruiscono la gabbia da soli, contribuendo ai lavori del muro e, soprattutto, all’idea diffusa dal Governo israeliano, che il muro abbia puro scopo difensivo. Ora si modifica anche l’estetica delle pareti della gabbia, quelle che vengono costruite adesso non sono più di un cemento armato freddo e grigio, ma iniziano ad essere costruite con più “attenzione all’impatto ambientale”, rendendolo innocuo agli occhi dei visitatori, ma per quelli ce ci vivono dentro non cambia niente. L’immagine che chiude il libro riporta una coppia di sposi ebrei che, su una terrazza di Gerusalemme, guarda il panorama verso est, dalla parte opposta alla quale è stato costruito il muro: questa, forse, la foto più significativa del libro.

AUTORE: Maria Teresa Cappannini