Preti, padri e fratelli

Continuano gli interventi sul problema della tossicodipendenza. Nella lotta dei giovani per uscirne, un ruolo chiave lo hanno spesso giocato i sacerdoti. Magari seguendo metodi diversi

Sono stati i primi e sono ancora sulla breccia per il semplice motivo che sono da sempre legati al mondo giovanile. Sono i preti della parrocchia o dell’Azione cattolica o dell’oratorio e poi sono venuti quelli della Caritas. Hanno inventato iniziative prima approssimative, poi più organiche e pensate, articolate su metodi e riflessioni antropologiche, psicologiche, sociologiche e persino politiche. C’è una letteratura in proposito cui hanno contribuito non solo illustri studiosi della materia, ma anche preti come don Picchi, padre Eligio, don Ciotti, don Mazzi e altri.

I preti però, oltre a pensare, problematizzare, riflettere e discutere sul problema, hanno operato nella concretezza delle iniziative incontrando i giovani, singolarmente e in gruppi e le loro famiglie, hanno dialogato con loro e hanno aperto delle porte, in senso fisico, per dare loro ospitalità strappandoli dalla strada o da situazioni familiari impossibili e in senso morale per dare loro delle opportunità di cambiare, di riprendere a vivere in maniera diversa, di riacquistare fiducia in se stessi e nella società, a reimparare a dominare la dipendenza e sottrarsi al fascino della sostanza e dello sballo da essa provocato, a considerare le cose con realismo superando il ripiegamento narcisistico su se stessi.

Insomma preti maestri di vita, educatori e guide, e soprattutto padri o fratelli maggiori. Conosciamo l’invito a casa propria fatto da don Pierino del primo ragazzo che gli ha chiesto aiuto. E forse non tutti conoscono la fatica di don Guerrino, di cui posso essere testimone, ad accettare il ruolo di padre richiestogli dai ragazzi che aveva accolto all’inizio della comunità. Questi preti sono dei generosi e delle personalità definite, non facilmente omologabili e per questo sono sorte modalità, metodologie, percorsi ed anche filosofie diverse nell’affrontare il recupero e proporre un sistema di prevenzione. Penso che tutti abbiano ragione, per la loro diversificata situazione personale e contestuale, per l’indole e la storia di ognuno e sia pertanto utile ed opportuno il confronto, come è avvenuto più volte e può avvenire ancora, non solo tra quelli che usano criteri omogenei, ma anche tra quelli che hanno opinioni diverse, se non altro, per aprire una finestra nuova su una realtà che pur esiste.

La scelta sbagliata dei preti nell’ambito della droga, invece, è quella di coloro che sospinti dalla pietà e dalla carità vanno incontro a giovani che si bucano e offrono loro del denaro, chiesto per mangiare o altro, e che finisce invece per comprare la sostanza. Questi preti hanno cuore e sono traditi dal loro sentimento di compassione cui sono stati educati. Ma sono in pericolo per se stessi e producono danno. Qualcuno di essi si trova “assediato” e in forte rischio per aver dato molto e richiesto di dare sempre di più. Ci sono situazioni in cui non è allarmistico chiedere la protezione della forza pubblica.

AUTORE: Elio Bromuri