Referendum. Io, cattolico, perché dico Sì

Le ragioni del Sì al referendum del 4 dicembre

logoBastaUnSiIn questa lunga e spesso confusa campagna referendaria, ho promosso a Gubbio il comitato “Cattolici e democratici per il Sì”. Ho cercato di riflettere abbastanza prima di utilizzare il termine ‘cattolico’ per questo gruppo di impegno. La determinazione è venuta dopo la constatazione che intorno a un evento che mira ad aggiornare e migliorare la Carta costituzionale per attrezzare meglio il Paese di fronte ai cambiamenti politico-economici e organizzativi intervenuti a livello mondiale, si è scatenato un confronto abnorme che ha riguardato meno i contenuti e più il contesto politico.

Si è parlato e si è scritto di deriva autoritaria, di riduzione degli spazi di democrazia, di stravolgimento del testo costituzionale. Ma la mia lettura del testo di questa legge di revisione costituzionale non mi ha fatto per niente intravedere questi aspetti. Tutt’altro, cioè: rafforzamento della democrazia, della sovranità, rafforzamento delle garanzie e dei diritti dei singoli e delle comunità.

E ripensando allora al ruolo fondamentale che ebbero i cattolici Dc nell’ambito dell’Assemblea costituente (mi riferisco soprattutto a Dossetti, La Pira, Moro, Mortati), mi è sembrato opportuno che in qualità di cattolico si dovesse prendere una posizione e, per il buon senso, non si buttasse via un lavoro che ha impegnato il Parlamento per circa due anni, dall’aprile 2014 all’aprile 2016. È stato un lavoro che ha adeguato e ammodernato la Costituzione vigente per renderla più funzionale, dopo che la relazione della Commissione di esperti, presieduta dal ministro Quagliarello nel 2013, aveva posto l’accento sulla “debolezza delle istituzioni politiche” italiane, sulla “maggiore fragilità” dell’Italia allo scoppio della crisi dei debiti sovrani, anche per “l’accumulo di problemi lasciati irrisolti negli anni”.

Indubbiamente il testo di questa riforma può avere lacune, e potrà essere migliorato con altri aggiornamenti; ma intanto è importante che sia approvato dal popolo nel referendum, perché permette un positivo e incisivo cambiamento.

Uno sforzo di chiarezza e di verità si impone: la riforma sottoposta a referendum non tocca la prima parte della Costituzione, dove sono affermati e sanciti i princìpi fondamentali, i diritti e i doveri, i valori di riferimento, che fanno della Costituzione italiana “la più bella del mondo”.

La riforma, intervenendo nella seconda parte della Costituzione vigente, punta a rendere più efficienti (e meno costosi) l’apparato e l’organizzazione istituzionale: efficienza e capacità decisionale che è necessario rafforzare se vogliamo che le istituzioni della democrazia possano rispondere alle sfide dei complessi cambiamenti, che sintetizziamo con la parola “globalizzazione”.

La riforma propone il superamento del bicameralismo paritario, dando alla Camera dei deputati la pressoché totale potestà legislativa; riconoscendo solo a questa il potere di fiducia/sfiducia al Governo. Inoltre la riforma riconosce al Governo la possibilità di beneficiare di una corsia preferenziale alla Camera per quei disegni di legge ritenuti essenziali per il programma di governo, riducendo così il ricorso ai decreti legge (di cui si è ampiamente abusato) e prevedendo nel contempo uno statuto specifico, che garantisca uno spazio adeguato al ruolo delle opposizioni.

La riforma razionalizza i rapporti tra Stato e autonomie territoriali, seguendo le indicazioni delle sentenze della Corte costituzionale degli ultimi anni, che ha dovuto risolvere conflitti derivanti spesso dalla potestà legislativa concorrente. Ciò comporta un rafforzamento del potere centrale, che è però bilanciato dalla trasformazione del Senato in una Camera delle autonomie, che farà così valere, in un organo centrale dello Stato, gli interessi delle autonomie territoriali.

Oggi l’attuale bicameralismo comporta un allungamento abnorme dei tempi (e un abbassamento della qualità) delle leggi; al contrario, la riforma offre soluzioni per avere leggi in tempi ragionevoli. Oggi c’è grande confusione e conflittualità nei rapporti tra Stato e autonomie territoriali, mentre la riforma definisce meglio le rispettive competenze e mette le premesse per un confronto più produttivo.

Dopo il fallimento di tre Commissioni bicamerali per riformare Costituzione e la macchina dello Stato, il buon senso mi fa rilevare che questa riforma, anche se imperfetta e senz’altro migliorabile, può essere un grande passo in avanti e può dare quella speranza di cui c’è tanto bisogno.

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Ecco gli interventi per il Sì e per il No pubblicati su La Voce questa settimana

 

Le posizioni nel mondo cattolico

 

“Io, cattolico, perché dico Sì”, di Giancarlo Pellegrini

“Io, cattolico, perché dico No”, di Simone Pillon

Scarica qui la pagina de La Voce con le posizioni del Sì e del No sui principali punti della Legge Costituzionale sottoposta a Referendum il 4 dicembre

(clicca sull’immagine)

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AUTORE: Giancarlo Pellegrini promotore del comitato “Cattolici e democratici per il Sì”