Quando Gesù scelse Dio

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini I Domenica di Quaresima - anno C

La Quaresima ha avuto un prologo mercoledì. Il rito dell’imposizione delle ceneri ci ha ricordato la nostra realtà: veniamo dalla “polvere”, e ci sbattiamo un poco, dimentichi di dove stiamo andando; ma il nostro futuro sarà comunque la “polvere”. Ricordarlo di questi tempi non sembra politicamente corretto; ma è molto difficile negarlo. Del resto l’uomo ci ha provato fin dal principio, quando – ingannato dal Maligno – pretese per sé l’onnipotenza: “Sarete come dèi” (Gen 3,5).

Oggi la situazione non sembra diversa: forte delle sue tecnologie, la cultura dominante lavora per accelerare il giorno fatidico, quando nulla risulterà impossibile all’uomo. La narrazione evangelica di questa prima domenica quaresimale presenta un avvenimento archetipo nella vita di Gesù: la lotta per la scelta o il rifiuto del primato di Dio. Lo stesso Maligno, che aveva ingannato l’uomo al Principio, provocandogli un mare di sofferenze e contraddizioni, ci riprovò con Gesù; il quale però rimase saldo nell’obbedienza al Padre. Oggi i credenti in lui sono salvi in virtù di quell’obbedienza; sebbene continuino ad essere sottoposti alle stesse tentazioni del Maestro.

L’evangelista Luca ha intessuto una pagina di straordinaria ricchezza teologica e memoria storica. Gesù è presentato di ritorno dal Giordano nella pienezza dello Spirito santo, ricevuto nel battesimo. Fu quello Spirito a condurlo attraverso il deserto per quaranta giorni, a somiglianza di Israele, che vi era stato condotto per quaranta anni, alle scopo di farlo venire allo scoperto. Il testo biblico scrive: “Per sapere che cosa aveva realmente nel cuore” (Dt 8,2). Il deserto è il luogo dei demoni, dove l’uomo, nella solitudine assoluta, è posto dinanzi alla scelte decisive: figlio obbediente a Dio o ribelle? Gesù è qui presentato come il modello di quei “figli… che sono guidati dallo Spirito”, come scriverà Paolo nella lettera ai cristiani di Roma (Rm 8,14).

Il digiuno di Gesù non fu tanto opera penitenziale, quanto espressione della pienezza dello Spirito; solo alla fine infatti ebbe fame. Di questo momento di debolezza fisica approfittò il diavolo per metterlo alla prova. Si agganciò alle parole udite nel battesimo: “Tu sei mio Figlio”. “Forse hai capito male – suggerisce il Maligno. – Prova a cambiare in panini questi sassi. Sarà una conferma della voce dal cielo, e nello stesso tempo verrai incontro al tuo stomaco”. La tranquilla risposta di Gesù si rifà a Deuteronomio 8,3: “L’uomo non vive solo di pane, ma di ogni Parola che esce dalla bocca del Signore”. La vita non viene a noi primariamente dal cibo, ma da Qualcuno che si pone in relazione con noi; anche l’economia non è il problema fondamentale della vita, ma piuttosto il rapporto tra noi. E questa fu la prima tentazione, in pieno deserto.

La seconda tentazione è collocata dall’evangelista sulla strada verso Gerusalemme. Fu lì che in una fiction diabolica il Maligno prospettò a Gesù una possibilità incredibile: diventare il padrone politico del mondo. In quel momento storico, il massimo del potere e della gloria risiedeva nell’impero romano e in colui che ne era a capo. Immaginate che colpo: Gesù imperatore al posto di Tiberio Cesare! E il diavolo gli garantì che non barava: “Esso è stato messo nelle mie mani e io lo do a chi voglio”. San Giovanni lo confermerà nella sua Prima lettera: “Sappiamo che il mondo giace interamente in potere del Maligno” (1 Gv 5,19). Gesù avrebbe semplicemente dovuto fare una prostrazione dinanzi a lui. Il massimo della perversione: l’adorazione da Satana. Ma non ci cascò; rimase saldo e rispose ancora con parole del Deuteronomio (6,13): “Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai”. Tutti abbiamo conosciuto uomini e donne prostrati al potente di turno, per ottenere favori ben più modesti.

La terza tentazione avviene nel luogo sacro per eccellenza: il tempio di Gerusalemme; nel punto più alto, che strapiombava sul torrente Cedron; allora scorreva un centinaio di metri più in basso. Il demonio suggerì a Gesù di fare un gesto apparentemente santo: gettarsi nel vuoto senza paracadute e senza paura; Dio avrebbe mandato gli angeli che gli avrebbero impedito di fracassarsi tra le pietre. Non è forse scritto nei Salmi: “Essi ti porteranno nelle loro mani, perché non inciampi nella pietra il tuo piede”? (Sal 90,11). Avrebbe sperimentato l’evidente favore del Padre, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il Figlio respinse anche questa tentazione, appoggiato alla Scrittura, che comanda di non provocare Dio costringendolo a fare la propria volontà (Dt 6,16). In chiusura, Luca scrive che il diavolo considerò esaurito questo round, ma che sarebbe tornato alla carica al momento opportuno. Al rifiuto di essere adorato, risponderà con l’uccisione di Gesù stesso, a Gerusalemme, la città che “uccide i profeti” (Lc 13,34). Quella morte però sarà la Sua morte e la nostra vita.

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all’Ita di Assisi