Quel rischio ‘accettato’ e mortale

Storica decisione del Tribunale di Torino per l'incidente alla ThyssenKrupp

La sciagura che ha causato un’atroce morte a sette operai all’Ast di Torino della ThyssenKrupp è giunta alla fase giudiziaria con un rinvio a giudizio da parte del gup del Tribunale di Torino Francesco Gianfrotta per l’amministratore delegato Harald Espenhahn e altri cinque manager aziendali: Gerald Prigneitz, Marco Pucci, Giuseppe Salerno, Daniele Moroni e Cosimo Cafueri. L’accusa che motiva il rinvio a giudizio è di omicidio volontario per Espenhahn e di omicidio colposo per gli altri. È una decisione storica, destinata a far discutere e a costituire un precedente nelle cause per morti sul lavoro. Di che si tratta? ‘L’amministratore delegato della ThyssenKrupp si è rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali sulla linea Apl 5 dello stabilimento, ed ha accettato il rischio’. Per Cristiano Nervegna, segretario nazionale del Movimento lavoratori Azione cattolica (Mlac) ed esperto in sicurezza sul lavoro, le parole con cui il gup Gianfrotta ha rinviato a giudizio i sei imputati per il rogo del 6 dicembre 2007 sono ‘nuove, inattese’. Ad accettare il rischio fu, all’epoca dei fatti, l’amministratore delegato Harald Espenhahn che, nonostante fosse a conoscenza dei problemi, decise di posticipare gli investimenti nella sicurezza degli impianti di Torino; ed ora dovrà rispondere di omicidio volontario con dolo eventuale. ‘Quel rischio ‘accettato’, così distante dalla legge, che parla di ‘eliminazione del rischio e, ove ciò non sia possibile, la sua riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico’ – ha dichiarato Nervegna – ci dice di un mondo del lavoro malato che progressivamente, ma inesorabilmente, rivela tutta la sua vulnerabilità e pericolosità. Quel rischio ‘accettato’ nega qualsiasi valore alla vita umana, relativizza dignità e senso. Quante cose tutti noi, ancora oggi, accettiamo passivamente, fino al punto di aver annegato in una cortina d’indifferenza diritti essenziali, peraltro perfettamente conciliabili con le esigenze della produzione e del mercato, costringendoci a battaglie estenuanti e spesso solitarie. Un lavoro senza dignità esclude qualsiasi possibilità di difendere persino la vita umana, perché dignità e vita non si possono mai separare’. Intanto di lavoro si continua a morire, ogni giorno. Basta aprire la televisione che si annunciano incidenti anche mortali nei cantieri e nelle fabbriche. L’avvocato difensore del manager tedesco, Ezio Audisio, pensa che l’accusa sarà ricondotta ad un fatto colposo e non doloso, e ridimensionata. Negli ambienti sindacali vi è chi plaude alla svolta storica del Tribunale di Torino, che potrebbe aprire una stagione di processi in cause di incidenti sul lavoro; altri teme che tutto ciò possa costituire un deterrente che frenerà le imprese e impedirà un loro sviluppo, con danno degli stessi lavoratori. Indubbiamente i parenti delle vittime, sapendo che i loro cari stavano lavorando in una linea di produzione segnalata ad alto rischio – per evitare il quale erano stati richiesti dai vigili del fuoco provvedimenti adeguati che deliberatamente non sono stati presi, come afferma l’accusa – non possono fare altro che chiedere giustizia piena ed esemplare.

AUTORE: E. B.