Raccontare in modo corretto l’immigrazione

È passato piuttosto sotto silenzio, ma è destinato sicuramente a far discutere, il documento pubblicato a fine agosto – che la SantaSede ha redatto come contributo al Global Compact on Migration , il patto globale che le Nazioni Unite intendono proporre per gestire il fenomeno delle migrazioni. La Dichiarazione Onu di New York per i rifugiati e i migranti (settembre 2016) ha avviato un processo che darà luogo a una Conferenza intergovernativa (ottobre 2018), la quale dovrebbe pervenire a un accordo sulle politiche globali e nazionali per i prossimi decenni. Il documento vaticano si intitola Rispondere alle sfide dei migranti e rifugiati: venti punti di azione .

Curiosamente, non si trova sul sito ufficiale del nuovo Dicastero per lo sviluppo umano integrale, che lo ha promulgato (si può invece reperire in questo sito). Il medesimo dicastero ne ha presentato contemporaneamente un altro, indirizzato non ai Governi, ma alle comunità cristiane: Rispondere alle sfide dei migranti e rifugiati: venti punti di azione pastorale .

Le proposte contenute nel primo testo e declinate pastoralmente nel secondo si ispirano alla centralità della persona e al rispetto dei diritti e della dignità dei migranti. Riprendendo i quattro verbi dettati da Papa Francesco:accogliere , proteggere , promuovere e integrare , offrono ai Governi e alle Chiese alcune indicazioni e linee di azione la cui efficacia – si afferma – è suffragata dall’esperienza. Non è questo il luogo per un’illustrazione puntuale del documento, cuiLa Voce dedicherà spazio nei prossimi numeri. C’è però inentrambi i testi una sottolineatura degna di essere ripresa in questa sede, laddove si presenta l’esigenza di “una narrativa positiva della solidarietà verso i migranti”. Si riconosce, infatti, che una tale visione da parte della gente è essenziale sia per la gestione governativa che per l’azione pastorale. È invece evidente che una parte del problema è proprio lo sguardo sempre più negativo che si sta diffondendo nell’opinione pubblica di molti Paesi, Italia inclusa. Si tratta di un atteggiamento di pregiudiziale rifiuto, cui non interessa discutere come gestire la cosa: “Noi, a questi, non ce li vogliamo!”. Entrano in gioco, di volta in volta, la paura della colonizzazione, dell’islamizzazione, della diffusione di delinquenza e malattie, di deterioramento delle garanzie sociali… Reazioni comprensibili, ma più fondate su una “narrativa negativa” che non sui fatti e sulle cifre. Alcune testate, infatti, si dedicano sistematicamente a raccontare tutto il negativo connesso alla presenza di migranti e rifugiati nel Paese. Non dicono probabilmente bugie, ma c’è un modo di narrare i fatti (e di non riportarne altri di segno diverso) che mira a instillare o a rafforzare nella gente giudizi sommari e approcci semplificatori, tacciando di buonismo – nel migliore dei casi – chi prova a pensarla in maniera diversa. Dinanzi a questi atteggiamenti, nessun Governo (e nessuna parrocchia!) può facilmente “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.

Il nostro giornale collabora da tempo a questa “narrazione positiva”, raccontando ciò che accade di buono e soprattutto aiutando a riflettere sul fenomeno non in base a paure, ma in base ai princìpi cristiani e a una sana ragionevolezza. Qualcuno, anche nella Chiesa, ce lo rimprovera; altri – molti altri, spero – si abboneranno.

 

AUTORE: Paolo Giulietti