San Benedetto, patrono non a caso

Don Marcello mi ha anticipato d’un soffio, e con la sua vignetta ha già espresso quanto avevo in mente di scrivere in questo numero, che viene confezionato in redazione l’11 luglio, festa liturgica di san Benedetto da Norcia. È vero che tradizionalmente san Benedetto con “la rondine sotto il tetto” si riferisce all’inizio della primavera, 21 marzo, ma con il cambio delle stagioni le rondini sono apparse e si son fatte notare solo in questi giorni. In ogni caso, noi umbri non possiamo passare sotto silenzio il ricordo di questo santo, né relegarlo alle sole celebrazioni interne alla Chiesa cui, nei giorni feriali, partecipano solo poche persone. Benedetto da Norcia rappresenta ciò che di meglio ha avuto l’Europa. Ne è infatti patrono non per benigna concessione o perché, come per san Giorgio in Inghilterra, si è avuto bisogno di un protettore che lotta contro un mitico drago, ma per ragioni più ampie e profonde, che si trovano nella lettera apostolica Pacis Nuntius di Paolo VI che nel 1964 lo ha decretato Patrono. A detta degli storici, la civiltà europea, con i valori su cui è costruita, deriva dall’insegnamento di questo eremita divenuto, con la sua famosa regola, maestro di vita monastica che ha organizzato per secoli la vita di migliaia di monaci e indicato ai popoli europei le coordinate per una pacifica e giusta convivenza civile. La decadenza dell’Europa, pertanto, si è progressivamente aggravata nella misura in cui progressivamente si è allontanata dal soffio vitale di quell’esperienza umana e cristiana che il monachesimo rappresenta. Anche l’attuale crisi europea e mondiale ha una certa connessione con l’abbandono di quei principi di vita. Un monaco, per vocazione dedito alla vita spirituale, ha ispirato e in qualche modo modellato la vita sociale. Ha insegnato che la preghiera deve essere unita al lavoro e viceversa, e che il lavoro è un’opera creativa qualunque esso sia, purché svolga un servizio utile alla società; e che il denaro non vale per se stesso ma deve essere condiviso ed ha una funzione sociale. Ha insegnato la moderazione, la giustizia, la laboriosità, la preziosità del tempo e dell’ordine disciplinato dei giorni e delle ore. I benedettini hanno conservato e trasmesso le ricchezze culturali dell’antichità. San Benedetto fu contemporaneo di alcuni vescovi-monaci, come Ercolano di Perugia e Florido di Città di Castello che hanno sostenuto la resistenza contro gli invasori nordici detti “barbari”, durante la guerra greco-gotica (anche allora problemi tra tedeschi e greci!). La radice di questo spirito sta nell’amore a Cristo – al quale nulla si deve anteporre – riconosciuto nel povero e nel pellegrino. Patrono, quindi, e più ancora, modello di vita.

AUTORE: Elio Bromuri