Sanità: acuti problemi aperti

Editoriale

Enorme è stata l’impressione destata sull’opinione pubblica da alcuni servizi televisivi sugli ospedali romani “San Camillo” e “Umberto I”. Vi sono state conseguenze immediate con la sospensione di medici, ispezioni e soprattutto un gran parlare. I giornali hanno riportato i commenti di esperti e gente comune e nei salotti televisivi si è discusso molto. L’argomento occupa uno dei primi posti nella scena pubblica e nell’attenzione e preoccupazione delle singole persone. Ognuno ha una qualche storia da raccontare in proposito, alcune, anzi, moltissime positive. Tante volte abbiamo potuto dire che la medicina e la chirurgia fanno miracoli. Per esperienza personale, devo dire che sono uno di questi. Ho anche tanti amici che lavorano nel settore, medici, infermieri, operatori sanitari, che sono persone ottime per professionalità e umanità e che svolgono il loro lavoro con passione e dedizione. Chi ha conosciuto Vittorio Trancanelli, prematuramente scomparso, un chirurgo che consideriamo non solo ottimo ma “venerabile”, può dire che se lui è il primo della fila non è solo. È chiaro anche che tra i grandi numeri di cui è composto il mondo della medicina, si evidenzino difficoltà, inadempienze, carenze incrostazioni ed errori. Ciò diventa di acuta sensibilità sociale sia perché riguarda e danneggia persone che soffrono, sia perché va a caricare e appesantire gli ingranaggi di quella grandiosa macchina del sistema sanitario e del suo immenso carico di spesa. È abbastanza condivisa l’idea, espressa di nuovo con energia dal nuovo ministro della sanità Renato Balduzzi, che il nostro è uno dei sistemi sanitari mgliori esistenti al mondo. Emergono, tuttavia, spesso, come in questi giorni, motivi di lamento e di scandalo e si torna a parlare di malasanità. Gli esperti dicono che in realtà si tratti di cattiva organizzazione dei servizi, e non è poco, come ha detto Balduzzi in una intervista su Avvenire (22 febbraio), e confermato dal senatore Marino, a proposito della donna rimasta in una barella nel Pronto soccorso per 4 giorni. Non doveva rimanere tutto questo tempo, anche se è stata trattata secondo i protocolli sanitari previsti. Rimane che il Pronto soccorso negli ospedali è intasato e, come ha detto il medico in questione, “se chiedo ai reparti un posto e loro non ce l’hanno, che faccio, rimando a casa un malato grave?”. Il problema è acuto e la soluzione ardua. Un posto letto per un giorno in ospedale secondo gli attuali parametri costa 900 euro. La struttura non regge a tanto peso e i problemi aumentano. Cosa fare? Come per la giustizia (vedi Lignani a pagina 10), anche per la sanità ci vuole organizzazione, regole, educazione e senso di responsablità delle persone. Se al Pronto soccorso c’è l’intasamento avrà la peggio chi sta veramente male. Nell’“Ossessione della salute perfetta”, con stile paradossale, Ivan Illich suggeriva di non delegare la salute alla medicina, ma di coltivarla con personale responsabilità. Un buon consiglio, finché si sta bene.

AUTORE: Elio Bromuri