Santa Chiara oltre i confini di Assisi

VITA RELIGIOSA. Oggi, festa della Presentazione di Maria al Tempio, si celebra la Giornata per i monasteri di clausura
Santa Chiara in preghiera con le sue suore, affresco, chiesa di San Damiano, Assisi
Santa Chiara in preghiera con le sue suore, affresco, chiesa di San Damiano, Assisi

Francesco d’Assisi e Chiara d’Assisi non hanno in comune soltanto il territorio d’appartenenza, bensì condividono un merito molto più grande: quello di essere stati le esperienze spirituali più significative del Duecento.

La Chiesa fa memoria della santa badessa l’11 agosto, e certamente, nell’imminente Anno dedicato alla vita consacrata, la vita claustrale della Santa d’Assisi sarà ricordata con particolare interesse, essendo la prima donna ad aver scritto una Regola femminile, poi confermata mediante bolla papale. Quindi l’Assisiate è un personaggio importante non solo per la vita claustrale, ma anche della Chiesa e dell’umanità, e in ciò non è coinvolta solo la città di Assisi ma l’intero territorio umbro. Infatti la vicenda di Chiara coinvolge anche il territorio ternano, a partire dall’ammirazione per la testimonianza di fede dei Protomartiri francescani uccisi in Marocco – ma oriundi dell’Umbria meridionale – fino a uno dei primi miracoli compiuti nei dintorni di Terni, a Narni.

Martirio e miracolo

Era il 1213 circa quando san Francesco d’Assisi giunse a Terni. Cominciò a parlare alla gente portando il suo messaggio evangelico, lodando il Signore che fa cose grandi mediante persone umili e semplici. Alcuni di quelli che lo ascoltavano decisero di seguirlo fino alla Porziuncola d’Assisi, da dove furono inviati nella “terra dei non cristiani”, ossia il Marocco e la Penisola iberica.

Si tratta dei santi Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto, denominati Protomartiri francescani perché furono i primi Frati minori a essere uccisi a motivo del Vangelo. Malmenati, fustigati e fatti prigionieri, continuarono a predicare il Vangelo – nonostante il divieto – fino alla morte, che li colse nel 1220 circa a Marrakech. San Francesco, venuto a sapere della loro morte, esclamò: “Ora posso dire con sicurezza di avere cinque frati minori!”.

L’annuncio dell’uccisione dei cinque frati arrivò anche a Chiara, che ne rimase così ammirata da desiderare, come loro, di testimoniare l’affetto a Cristo fino a dare la propria vita.

L’amore verso il prossimo e la totale devozione al Signore sono tratti caratteristici di Chiara, riscontrabili non solo nel corso della sua esistenza, ma anche… oltre. Numerosi sono infatti i miracoli post mortem; tra questi, assume particolare importanza quello compiuto a favore di un bisognoso che sostava presso il ponte di Augusto, il ponte di Narni. Il protagonista della storia è Giacomello, detto “figlio della Spoletina”, affetto da 12 anni da cecità senza alcuna speranza di guarigione.

A lui apparve in sogno per tre notti Chiara, che lo esortava a raggiungere Assisi perché presso il suo sepolcro avrebbe riottenuto la vista, come poi accadde. “Arrivato però ad Assisi, trovò tanta folla di persone che si accalcavano davanti al mausoleo della vergine che egli stesso non riuscì in nessun modo a entrare fino alla tomba. Messosi allora una pietra sotto il capo, con grande fede, ma dispiaciuto per non essere riuscito a entrare, si addormentò di fuori. Ed ecco per la terza volta la voce si rivolse a lui: ‘Giacomo, il Signore ti farà del bene se riuscirai a entrare’. Svegliandosi allora chiede con lacrime alla folla gridando e facendo preghiere che si degnassero di lasciargli il passo per pietà di Dio. Avuta la precedenza, si tolse le calzature, si spogliò della veste, si cinse con una fune e così, umilmente, giunto al sepolcro, cadde in un sonno lieve. ‘Alzati – gli disse la beata Chiara –, alzati perché sei stato liberato’. Alzandosi all’istante, superata ogni cecità e abbandonata ogni oscurità degli occhi, vide chiaramente, per merito di Chiara, la chiarezza della luce, e lodando rendeva gloria a Dio e, per quell’opera così meravigliosa, invitava tutta la gente a benedire Dio” (Vita di santa Chiara, 53-53, in Fonti francescane, nn. 3267-3268).

Nascondimento e fama

Come a indicare che tale storia francescana è proseguita lungo i secoli e ancora oggi è presente, si inserisce nel quadro la figura di Teresa Eletta Rivetti, suora romana di nascita ma di adozione narnese, vissuta tra il 1723 e il 1790. La sua biografia è quella di una donna che si immedesimò nella meditazione con la passione di Cristo, e ne descrisse le esperienze mistiche in molteplici lettere, relazioni, scritti, composizioni poetiche e preghiere.

Come santa Chiara, anche suor Teresa Eletta “del Cuore di Gesù” volle seguire le orme di san Francesco in una vita di unità con Cristo e di altissima povertà.

Non poche sono le caratteristiche che accomunano le due. Suor Teresa diverrà badessa del monastero di Santa Restituta di Narni nel 1760. Nella bolla di canonizzazione di Chiara d’Assisi leggiamo che “Chiara si nascondeva, ma la sua vita è rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava. Si teneva nascosta nella sua cella, eppure nelle città si parlava di lei”.

E così anche suor Teresa, che al tempo dei primi fenomeni mistici – da svenimenti prolungati a vere e proprie estasi, fino a sperimentare le pene connesse alle diverse fasi della crocifissione – ne parlerà solo al padre confessore Giandomenico Piccioli, bramando una vita nascosta e sconosciuta, e detestando invece l’ostentazione dei carismi ricevuti. Nonostante questo, durante tutta la sua vita Teresa Eletta fu tenuta in concetto di santità non solo a Narni, ma anche nelle città vicine, per l’esercizio continuo delle sue virtù e per le varie grazie soprannaturali donatele dal Signore.

Recentemente sono venuti alla luce i numerosi scritti di suor Teresa, materiale in gran parte autografo e manoscritti di testimonianza delle religiose vissute con lei, che pongono l’accento sul processo di canonizzazione, aperto nel 1846 e mai giunto a conclusione. L’esperienza di Teresa Eletta Rivetti non è unica nel suo genere; già dal Medioevo, infatti, storie di visionarie, mistiche e sante erano numerose. Questo a testimonianza che “amore è somiglianza”, e simile è il cammino che queste donne, divise dai secoli ma unite dalla stessa passione, hanno condiviso.

Camilla Orsini

 

La Giornata pro orantibus

La Giornata pro orantibus si celebra nel giorno della memoria liturgica della Presentazione di Maria al Tempio. A istituire la ricorrenza, il 21 novembre 1953, fu Pio XII, che voleva così riunire gli sforzi per dare un aiuto concreto alle comunità di vita contemplativa claustrale. Per la memoria liturgica di quel giorno lo stesso Pacelli compose una preghiera rivolta alla Vergine, che recitava: “Mutate le menti ai malvagi, asciugate le lagrime degli afflitti e degli oppressi, confortate i poveri e gli umili, spegnete gli odi, addolcite gli aspri costumi, custodite il fiore della purezza nei giovani, proteggete la Chiesa santa, fate che gli uomini tutti sentano il fascino della cristiana bontà”. Tante le difficoltà cui vanno incontro queste comunità, soprattutto nel Vecchio Continente, dove le vocazioni sono in continuo calo: tra il 1998 e il 2008 le professe sono diminuite di un terzo in Europa. Africa, Asia e America del Sud assistono, invece, a vere e proprie fioriture di vocazioni. In tutto il mondo (dati del 2008) in 3.421 monasteri si contano circa 43.400 monache professe, 3.100 professe temporanee, 1.900 novizie e circa 1.950 postulanti, per un totale di oltre 50 mila persone. (Dal sito Vocazioni.net dei padri Rogazionisti)