Sarà vera iniziativa e partecipazione?

Distretti industriali. Note a margine di una proposta di legge regionale, tra 'bene comune' e 'democrazia'

Giovedì 7 ottobre la II Commissione consiliare regionale ha tenuto un’audizione sulla proposta di legge, formulata dal Partito di Rifondazione Comunista, sulla “Disciplina degli interventi in materia di attività produttive e di sostegno allo sviluppo dei distretti industriali e degli altri sistemi produttivi locali” (testo consultabile sul sito www.crumbria.it). Nel corso dell’incontro, a cui hanno partecipato i rappresentanti delle forze produttive e sociali, sono emerse alcune esigenze, che mi sembra importante segnalare. In primo luogo, si è discusso dell’opportunità di predisporre un programma unitario degli interventi regionali nelle attività produttive (proposto all’art. 2 del disegno di legge). Esso darebbe al Consiglio Regionale la possibilità di esprimersi su un quadro organico dell’azione di politica economica e di meglio coglierne i possibili effetti. Un programma unitario siffatto potrebbe consentire di tener conto delle complementarietà e interdipendenze molteplici tra settori produttivi, e della necessità di progetti integrati posta dal perseguimento di obiettivi (in tema di competitività, ambiente, occupazione…) che interessano tutti i settori. Si disporrebbe inoltre di uno strumento sulla cui base potrebbe meglio affrontarsi in modo razionale la diminuzione di risorse comunitarie, che colpirà anche l’Umbria, in conseguenza dell’allargamento dell’Unione Europea. In secondo luogo, si è esaminata la possibilità (di cui all’art. 5) di richieste provenienti dal territorio, per ottenere il riconoscimento dell’eventuale esistenza di sistemi produttivi locali, variamente caratterizzati (distretti industriali, distretti rurali, distretti agro-alimentari di qualità…): è un’importante opportunità di iniziativa offerta alla società civile locale, e un’occasione di diffusione di conoscenze, non facilmente disponibili, sull’esistenza di potenziali di produzione e di innovazione la cui attuazione è l’essenza dello sviluppo locale. Non si dimentichi, come troppo spesso accade, che presupposto irrinunciabile di una politica economica razionale è la disponibilità delle conoscenze richieste in corrispondenza. In terzo luogo, si è parlato della possibile partecipazione delle comunità locali (attraverso specifici Comitati per lo sviluppo locale, di cui all’art.6 ) alla formulazione di ipotesi di programmi di sviluppo locale: anche per questa via è possibile ottenere conoscenze, altrimenti non disponibili, sulle specifiche esigenze e capacità territoriali. Tali programmi potrebbero prevedere l’integrazione più appropriata tra dimensione economica e dimensione sociale: è infatti a livello locale che si è in grado di pervenire ad una configurazione condivisa di Bene Comune e di sperimentarne l’efficacia, in vista della più appropriata valorizzazione della persona umana. Sui temi indicati sono state avanzate molte preoccupazioni e perplessità: si temono un appesantimento della bardatura burocratica, una proliferazione di strumenti amministrativi in parte sovrapponentisi, il perseguimento di tentativi di forzare una realtà come quella umbra che non presenterebbe numerose e significative aggregazioni di imprese, l’insufficiente diffusione sul territorio di capacità di analisi e programmazione economica, il pericolo di chiusure localistiche. Trattasi di rilievi per lo più degni di attenzione. Le questioni proposte mantengono comunque interesse, per il loro collegamento col dibattuto rapporto tra Democrazia ed Economia: le riflessioni e le esperienze che si innestino su esse possono aiutare a rendere più compiuta e sostanziale anche in Umbria la pratica della democrazia che nella prospettiva della concezione cristiana della persona umana è il punto focale di ogni ulteriore processo di sviluppo positivo della società.

AUTORE: Pierluigi Grasselli