Scuola occupata: servono aule

Si prepara un dicembre 'caldo' nelle scuole. Ma non tutte le occupazioni sono uguali...

Dodici anni fa c’erano 850 studenti, e stavano stretti; adesso gli iscritti sono 1126 e le aule sono rimaste quelle di un tempo. Anzi sono diminuiti alcuni spazi didattici, come i laboratori, o amministrativi, come le segreterie. Tutto in concomitanza con il crescere delle proposte dell’offerta formativa. Ecco i motivi che hanno spinto i ragazzi dell’Itas “Giordano Bruno” ad occupare la scuola: spazi di studio appropriati, laboratori e aule dignitose. Una protesta non contro la riforma della scuola, quindi, ma contro la Provincia di Perugia, responsabile del settore edilizia scolastica. Un malcontento che parte da lontano, almeno 5 anni fa, quando alcuni studenti furono costretti a stare in aula con il cappotto, perché erano stati spostati in locali all’esterno del complesso scolastico, un tempo adibiti a ripostigli e quindi senza riscaldamento. Di anno in anno, però il numero degli iscritti è aumentato, mentre sono sparite 20 aule. L’anno scorso, a fronte della protesta di studenti e insegnanti, è arrivata la risposta della Provincia: limitare il numero degli iscritti! Forse il primo caso di scuola superiore a numero chiuso. Tutte le richieste di incontri con i vertici dell’ente provinciale, sono finite in un nulla di fatto. “Nel 1992 in questa scuola c’erano 850 studenti, nel 2004 ce ne sono 1126 – dice il preside Alberto Stella – Abbiamo chiesto le aule al Pascal (istituto scolastico vicino all’Itas, ndr), abbiamo tolto le segreterie e i laboratori, ma la situazione rimane difficile”. La scelta di occupare è stata presa dagli studenti e gli insegnanti, i quali non condividono il metodo, sono comunque d’accordo sugli obiettivi: più spazi. E alla fine è partita l’occupazione. Ma questa volta è diverso. Certo non ci sono interrogazioni e lezioni, ma come primo elemento di novità è stato dato un termine: occupazione fino a sabato 4 dicembre, un lasso di tempo giudicato sufficiente per informare la città della situazione. Poi ci sono le pulizie di gruppo, la verniciatura dei muri esterni e delle aule da parte e a spese degli studenti, la raccolta di tutto il mobilio rotto o in disuso (già conferito alla discarica della Gesenu, grazie ad alcuni genitori che si sono offerti per il trasporto). L’assessore all’edilizia scolastica, Massimo Buconi, intanto, ha assicurato che “rafforzerà l’impegno delle istituzioni provinciali per risolvere i problemi della scuola in un’ottica di razionalizzazione degli spazi”. In poche parole si pensa a trasferire l’archivio scolastico in altro luogo, in modo da consentire la liberazione di spazi da destinare alle attività didattiche. “Il piano dell’offerta formativa – continua Buconi – ha bisogno di altri spazi che, però, dovranno essere trovati all’interno dell’istituto. Bisogna considerare, inoltre, che gli edifici possono essere utilizzati contemporaneamente da diversi istituti”. Una promessa che non ha fermato l’occupazione. Nel frattempo negli ambienti studenteschi si vociferava di occupazioni a catena a partire da metà dicembre. Invece è scattato tutto prima. Martedì scorso un centinaio di studenti è penetrato nella scuola e ha dato vita all’autogestione delle strutture per denunciare una situazione insostenibile: fatiscenza delle strutture e carenza della strumentazione necessaria alla regolare attività didattica, in particolare nella sede succursale e l’utilizzo delle strutture scolastiche da parte di private associazioni autorizzate dal Comune che impediscono il regolare svolgimento delle attività extrascolastiche. Nei prossimi giorni si attendono le iniziative dei licei scientifici Galilei e Alessi.

AUTORE: Umberto Maiorca