Settimo: Non ruberai

Per gli ebrei è l’ottavo comandamento, perché distinguono quella che per noi è la premessa: “Io sono il Signore Dio tuo”, che diventa il primo, e quindi secondo: “Non avrai altro Dio fuori di me”, mentre accorpano “Non rubare” con “Non desiderare la donna d’altri e la roba d’altri”. Il rabbino capo di Milano, Laras, spiega che “non rubare” per gli ebrei suona: “Non sequestrare” persone, non renderle schiave. La Giornata di quest’anno, dedicata al dialogo e alla conoscenza tra cattolici ed ebrei, promossa dalla Cei, è la 18a; e dal 2005 è celebrata con l’appoggio dell’Assemblea rabbinica d’Italia. Il giorno scelto è significativamente il 17 gennaio, immediatamente precedente all’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio vedi articolo). Quest’anno è stata fissata a giovedì 16, per evitare che gli ebrei ne siano impediti in quanto la sera del venerdì ha inizio la festa del Sabato. Senza affrontare grandi questioni teologiche, ebrei e cristiani, incontrandosi, propongono a se stessi e al mondo un modello di vita definito dai dieci Comandamenti, intendendo richiamare la società a una pacifica e ordinata convivenza. Il comandamento proposto quest’anno – “Non ruberai” (Esodo 20,1.15) – è di straordinaria attualità, e va a toccare la generale esigenza di giustizia, tragicamente assente da questo mondo. Non sono in discussione i furti di generi alimentari nei supermercati, ma i “grandi ladrocini” di cui soffre l’umanità e di cui sono vittime milioni di persone, deprivate dall’essenziale in una gestione folle delle risorse di questo mondo. È facile prendersela con i piccoli “ladri di polli” che non sfuggono alla repressione della giustizia, mentre si è impotenti nei confronti dei grandi “ladroni” di cui si è parlato di recente anche sul nostro giornale. Papa Francesco continuamente denuncia questo ingiusto stato di cose, in cui la gente muore di fame mentre vi è spreco di denaro, di risorse e di cibo. In ambito più ristretto, sentendo le quotidiane notizie di ruberie di vario genere che provengono dal mondo politico e amministrativo della cosa pubblica e di enti privati, di frodi fiscali e finanziarie, di eccesso di sperequazione tra categorie di persone, si può comprendere l’urgenza del “Non rubare”. Vi è anche un lato meschino della faccenda, nel tentativo disperato di una categoria di amministratori e politici di tenersi alti salari e privilegi. Di questi giorni, la battaglia dei rimborsi per la benzina dei consiglieri regionali è un piccolissimo sintomo di una mentalità chiusa che non guarda fuori della porta di casa e non è preoccupato se non del suo conto in banca. A mio avviso, questo comandamento dovrebbe mettere in crisi la coscienza di quelle persone che prendono alti stipendi senza fare nulla di utile per la società. Per non essere e sentirsi dei parassiti, dovrebbero almeno spendere una consistente parte del proprio denaro per la promozione sociale, opere di pubblica utilità, dare lavoro ai disoccupati, sostenere opere sociali. Vi sono invece alti funzionari e professionisti con grosse somme da parte e con pensioni d’oro o d’argento che non pensano minimamente ad agire con giustizia e carità, limitandosi, se sono cristiani praticanti, a dare la “monetina della vedova” in chiesa. Vi è anche dell’altro, evidentemente. Zone riservate di splendida bontà e carità, segni di speranza. Segni, piccoli e belli, per non disperare.

AUTORE: Elio Bromuri