Sorge un piccolo ‘faro’ nella campagna romena

Le Clarisse Urbaniste aprono una casa a Roman: luogo di preghiera e di accoglienza verso le necessità della popolazione

‘Lode a Te, Signore che dimori in mezzo a noi!’. Con queste parole ci era stato recapitato l’invito a partecipare alla consacrazione della chiesa del monastero ‘Santa Maria degli Angeli’ a Roman, in Romania.Un evento importante per il monastero delle Clarisse Urbaniste di Città di Castello, che avevano voluto questa fondazione in terra di Romania e che da anni si adoperavano per realizzarla con tanti sacrifici e preghiere. Un centro di spiritualità, un piccolo faro che fosse segno, conforto e possibilità di riposo spirituale per quanti, con tanta generosità, romeni e non, operano per la rinascita umana e sociale di questa terra ancora molto povera e tribolata. La cerimonia, avvenuta il 13 ottobre, è stata presieduta da mons. Petru Gherghel, vescovo di Iasi, con la partecipazione di tante autorità religiose italiane e romene tra cui il delegato generale delle Clarisse padre Edy Brentari, un folto gruppo di sacerdoti della diocesi di Iasi, i seminaristi, un gruppo di amici e sacerdoti da Crema, la vicaria federale delle Clarisse, molte suore di varie congregazioni che operano in Romania e le nostre di Città di Castello con madre Imelda, abbadessa, e quelle ormai presenti in Romania dal 2002 con suor Maria Grazia Mussi, responsabile del nuovo monastero. Presenti anche l’architetto Lodigiani e don Antonio Moro, principale finanziatore dell’opera. Tra i fedeli anche una signora che ha prestato la sua opera di badante a Città di Castello. ‘Se il Signore non costruisce la casa invano vi lavorano i costruttori’, così dice il Salmo e così è stata pensata questa casa di preghiera e di accoglienza in una terra di campagna, attorniata materialmente da un risveglio di un certo consumismo (industrie, ristoranti, distributori di carburanti, cartelloni pubblicitari, su una strada trafficata che attraversa la Moldavia, e una fitta rete di piloni dell’energia elettrica), dove una comunità di monache comincia un cammino di raccoglimento nella preghiera di ascolto e di condivisione dei bisogni spirituali, materiali e morali di quella gente. Nel rito della consacrazione, durato due ore, ci ha colpito l’immagine del Vescovo che bussava al portone ancora non aperto della chiesa, quasi a implorare una collaborazione di tutti per abbattere quel velo di divisione tra il fuori e il dentro, tra il freddo inaspettato di una giornata grigia, con il vento dei Carpazi, e il calore di una comunità di preghiera in via di formazione, tra i bisogni più o meno manifesti del mondo civile e la risposta di consolazione da chi ha deciso di lasciare aperta la porta della chiesa per l’incontro.

AUTORE: Renzo e Marcella Tettamanti