Sostenibilità familiare

Rapporto demografico a cura del Progetto culturale Cei

“La ricerca di nuovi equilibri in una società che invecchia” richiede azioni politiche che mettano ancora una volta “al centro la famiglia e le scelte che ne accompagnano i processi di formazione e di sviluppo”. Sono le conclusioni cui pervengono gli autori de Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia (Laterza, Bari-Roma 2011), curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei (www.progettoculturale.it) e presentato il 5 ottobre a Roma. Al volume, con prefazione a firma del card. Camillo Ruini, presidente del Comitato, hanno lavorato demografi e studiosi di diverse discipline, che aggiungono: “Occorre diffondere una nuova mentalità che renda più generativa ed equa la società italiana”, preoccupandosi “dell’ecologia umana, cioè del rispetto di quelle forme sociali di vita che rendono dignitosa la nascita dei figli e la possibilità di allevarli ed educarli in un contesto che non ha sostituti o equivalenti funzionali: il contesto familiare”. A tale fine “dobbiamo però rivedere il concetto di sostenibilità e includere in esso le relazioni umane e sociali, che rendono la popolazione non soltanto numericamente equilibrata, ma anche socialmente coesa e giusta nelle relazioni fra i sessi e fra le generazioni”. Incuria demografica. Suddiviso in tre parti, il rapporto prende il via dalla convinzione che “l’incuria italiana degli ultimi quarant’anni nei confronti del problema demografico” abbia “prodotto gravissimi danni sociali, economici e politici”. La prima sezione, corredata da tabelle e grafici, ripercorre il cammino demografico nel nostro Paese, dove da molti anni nascono meno di 600 mila bambini l’anno (561.944 nel 2010, secondo l’Istat, dato in progressivo calo dagli anni Settanta quando toccava i 900 mila), 150 mila in meno di quanto sarebbe necessario “solo per garantire” nel tempo “l’attuale dimensione demografica”, mentre la fecondità “si è attestata attorno alla media di 1,4 figli per donna”. La seconda parte offre una riflessione sui cambiamenti e i principali nodi critici, tra cui l’allungamento della vita, la convivenza con gli oltre 5 milioni di immigrati, le difficoltà dei giovani adulti a raggiungere l’autonomia e il disagio per dover rimanere ancora in famiglia, le conseguenze della legge 194 e l’influenza dei media sulla società. L’ultima è dedicata alle proposte e alle azioni e politiche sociali per governare questi mutamenti. Fecondità “voluta” ma… Gli autori della ricerca ritengono che, nonostante la diffusa concezione antropologica che privilegia “un’idea individualistica della persona umana” e “relega nell’ambito del privato tutto ciò che appartiene agli affetti, alla sessualità, alla filiazione e alla famiglia”, dietro “alle grandi trasformazioni demografiche” ci sia “una vera grande protagonista: la famiglia”, nella quale “si concretizza il risultato dei comportamenti riproduttivi della popolazione italiana”. Proprio nelle difficoltà familiari trova “normalmente ragione il divario tra la fecondità voluta – gli oltre due figli che le madri vorrebbero – e quella di fatto realizzata, i circa 1,3-1,4 figli per donna”. Quanto al “rallentamento dei processi di formazione di nuove coppie – dagli oltre 400 mila matrimoni degli anni Settanta agli attuali poco più di 200 mila”, esso “va di pari passo” con il “diffuso prolungamento della permanenza dei giovani adulti nella casa dei genitori”, l’innalzamento “oltre i 30 anni dell’età media al primo matrimonio, sino al rinvio delle scelte procreative sempre più verso la soglia dei 40 anni”. Allarme invecchiamento. Tuttavia, secondo gli studiosi, “il grande fenomeno che fa da sfondo al panorama del cambiamento demografico nell’Italia del XXI secolo” resta quello dell’invecchiamento della popolazione: “la transizione dal sorpasso (già realizzato) tra nonni e nipoti a quello (in un futuro non così lontano) tra bisnonni e pronipoti”. Un aspetto che “suscita molto allarme” per la tenuta del sistema di welfare, la salvaguardia del sistema produttivo e “la capacità di garantire una pacifica convivenza sociale”. Definendo “selettive e frammentate” le misure fino ad oggi adottate in Italia per sostenere la natalità, il rapporto afferma che “la misura più significativa in tal senso” è l’equità fiscale, intesa come “modalità strutturale di trattamento equo della famiglia sotto il profilo del reddito effettivamente spendibile dai suoi membri”. Di qui la proposta di adottare il quoziente familiare, oppure il “fattore famiglia” con la determinazione di una no tax area. Si devono inoltre “potenziare i servizi di qualità per la primissima infanzia”, in particolare i nidi, e valorizzare il ruolo dei consultori. Ma occorre soprattutto “un piano nazionale per la famiglia” con “carattere sussidiario”, oltre ad “una strategia dinamica e di lunga durata che la collochi al centro della società” come “una dimensione di tutte le politiche sociali, economiche, educative”. Gli autori della ricerca invitano inoltre a conciliare famiglia e lavoro e ad elaborare adeguate politiche abitative.

AUTORE: Giovanna Pasqualin Traversa