Sulla via della carità

La chiusura del Giubileo e l’enciclica “Misericordia et misera”

chiusuraportasanta-San-Pietr-2016CMYKLa misericordia non può essere una parentesi nella vita della Chiesa”. Nella lettera apostolica Misericordia et misera (vedi pagina accanto), Papa Francesco afferma che “questo è il tempo della misericordia”, e auspica una “conversione pastorale” che metta al centro i poveri e l’ascolto della gente.

“Le nostre comunità – esorta – si aprano a raggiungere quanti vivono nel loro territorio, perché a tutti giunga la carezza di Dio attraverso la testimonianza dei credenti”. La tentazione di fare la “teoria della misericordia” si supera “nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e di condivisione”.

Per un futuro che non sia “ostaggio dell’incertezza”, la misericordia è l’unico antidoto contro “malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione”. No quindi alle “chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali”, sì alla misericordia come “vento impetuoso e salutare”, di fronte al quale “non si può rimanere indifferenti, perché cambia la vita”, come abbiamo sperimentato nell’anno giubilare.

Ora – prosegue il documento – “è tempo di guardare avanti”, tramite una “conversione pastorale” nella liturgia, nei sacramenti, nella catechesi, nell’ascolto della Parola di Dio, nella cura e nella preparazione dell’omelia. “È mio vivo desiderio che la Parola di Dio sia sempre più celebrata, conosciuta e diffusa”, per cui propone una domenica dedicata interamente alla Bibbia, con iniziative di “creatività” pastorale, tra cui “la diffusione più ampia della lectio divina”.

“Il sacramento della riconciliazione ha bisogno di ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana”, raccomanda Francesco prorogando il ministero dei 1.142 “missionari della Misericordia” inviati nelle diocesi del mondo durante il Giubileo.

“Noi confessori”, aggiunge fornendo accurate disposizioni per ilo svolgimento del ministero, abbiamo “la responsabilità di gesti e parole che possano giungere nel profondo del cuore del penitente, perché scopra la vicinanza e la tenerezza del padre che perdona”. Anche “nei casi più complessi”.

“Tutti abbiamo bisogno di consolazione”, scrive poi Bergoglio evocando uno dei momenti più originali del suo Giubileo: la Veglia per asciugare le lacrime. In un momento di crisi come il nostro, la “forza consolatrice” deve andare prima di tutto alle famiglie, le cui situazioni vanno valutate da parte del sacerdote con “un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante”, come si raccomanda anche nella Amoris laetitia.

Anche il rito delle esequie va difeso dalla tendenza della cultura contemporanea “a banalizzare la morte fino a farla diventare una semplice finzione, o a nasconderla”.

“Termina il Giubileo e si chiude la porta santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata”. Il Papa fa risuonare le parole pronunciate durante la messa di chiusura del Giubileo, quando addita a tutta la comunità cristiana la “via della carità”, “la strada della misericordia che permette di incontrare tanti fratelli e sorelle che tendono la mano perché qualcuno la possa afferrare per camminare insieme”.

La misericordia ha anche un “valore sociale”, rimarca il Papa chiedendo di “rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una città affidabile”. Sono tanti i segni concreti di misericordia realizzati durante il Giubileo, “eppure non basta. Il mondo continua a generare nuove forme di povertà spirituale e materiale che attentano alla dignità delle persone”. Bisogna allora “dare spazio alla fantasia della misericordia”, per fare crescere una “cultura della misericordia” che sia “rivoluzione”, non semplice teoria.

“Questo è il tempo della misericordia”, scandisce Francesco per cinque volte: “Per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza”.

Uno sguardo inclusivo, che ne richiama un altro, quello in cui nell’episodio dell’adultera nel Vangelo di Giovanni “rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia”, commenta sant’Agostino a proposito dell’immagine evocata dal titolo del documento che chiude l’Anno santo.

 

AUTORE: M. Michela Nicolais