Tanto ricco e tanto onesto pare

La storia delle parole ci dice molto anche della storia degli uomini e di quella dei popoli. Prendiamo la parola “onesto”. Nella lingua di oggi, indica una persona per bene, che non ruba, non imbroglia, non dice bugie, non fa prepotenze, non si approfitta, rispetta i diritti degli altri. È un aggettivo che descrive un modo di essere e di comportarsi. Ma in latino (e ancora nell’italiano di Dante: “Tanto gentile e tanto onesta pare…”), honestus veniva da honor e significava dunque “onorato”, stimato, rispettato: descriveva il sentimento che gli altri provavano per quella persona. Come e perché il significato della parola si è modificato? Chiaro: perché “onesto” (nel senso attuale della parola) e “onorato” sono due facce della stessa medaglia. Fra i due concetti c’è (c’era, dovrebbe esserci) una corrispondenza biunivoca, come dicono i matematici. Tizio è una persona per bene, e dunque possiamo prevedere che sarà onorato; Tizio è onorato e questo ci basta per sapere che è una persona per bene. Vale anche per il contrario: chi è disonesto è (dovrebbe essere) disonorato. Fin qui la storia della parola. Ma oggi è ancora così? Siamo circondati da persone disoneste che non sono affatto disonorate, anzi sono onoratissime, applaudite, ammirate, invidiate: quello sì che ci sa fare, quello sì che ha successo! Ladri, truffatori, corrotti, bugiardi, fanno carriera. L’uomo onesto, che proprio perché tale rimane povero e non ha potere, non se lo fila nessuno. Il calciatore Farina, che ha rifiutato di vendere le partite (l’unico a farlo, parrebbe), ha dovuto trovare lavoro all’estero. Ogni tanto, è vero, scoppia uno scandalo, e tutti urlano insulti verso il disonesto colto in fallo, ma sono solo fiammate isteriche che presto svaniscono. Franco Fiorito è stato messo alla gogna ma il suo modo di fare politica era sotto gli occhi di tutti, da sempre, ed era stato il primo degli eletti al Consiglio regionale del Lazio. E come lui ce ne sono tanti. Ma un popolo dove l’onestà non è onorata, e la disonestà non è disonorata, non ha futuro.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani