Tornano alla luce i resti di un antico luogo di preghiera

Orvieto / Campo della Fiera: è l'antica chiesa e convento di "S. Pietro in vetere"

Laddove il terreno precipita dalle alture di Peramata e Settecamini, sotto un manto di castagni turgidi e verdi e si estenua poco al di sotto più dolcemente fra vigne e olivi, deliziosi in questo settembre che riempie il cielo di luminose limpidezze, in quel poco spazio, restante tra la rupe di Orvieto, di rimpetto arcigna e solenne, ed un nudo montarozzo, messo lì da madre natura come una quinta per interdirgli il dilagare verso la pianura più ampia, luogo non tanto però stretto da non sembrare la platea di un teatro, più che naturale, in quel colossale semicerchio pastoso e virente appena tagliato sul fondo dal rigo d’acqua di una cascata come una miniatura, in quello spiazzo oggi si sta febbrilmente scavando, per strappare alla terra il segreto di una risposta. L’abbiamo detto già e lo ripetiamo, perché ci fa piacere riferirlo, che un manipolo di giovani universitari e neolaureati, dell’Università di Macerata, facoltà di Lettere e filosofia, armati di badili, di carriole, di zappe e picconi e di tutto quel che occorre insomma, guidati da una intrepida guida, la prof.ssa Simonetta Stopponi, archeologa di fama, validamente coadiuvata in ciò anche da un nostro concittadino, che vanta già una lunga militanza sul campo, il dott. Claudio Bizzarri, figlio di un altro insigne indimenticabile maestro, studioso e ricercatore etruscologo, il prof. Mario Bizzarri, dalla mattina alla sera curvi sotto il sole, fin dal 20 agosto u.s. ci stanno provando, perché ci credono. Consumano così le loro vacanze a tu per tu con la terra, la polvere, i detriti, come in una lettura impegnativa di un libro non facile. E bisogna essere grati a chi ha contribuito concretamente a sostenerli, fornendo mezzi e denaro, alludiamo ai vari enti statali, regionali e provinciali e locali, sensibili e solidali, ma soprattutto all’ alto spirito d’intendimento e di promozione culturale del Monte dei Paschi di Siena ed anche della Ducato Gestioni. Allora, ritornando alla località, questa da tempo, fin dalla fine del XIX secolo, è nell’occhio e nella mente degli studiosi e ricercatori. E’ segnata sulle carte come Campo della Fiera . Lo studioso Pericle Perali dice che il medesimo “fin dal XIII secolo è ricordato campus fori, campus nundinarum, lo storico Luigi Fumi, nel suo Codice diplomatico lo cita ” pleb(erium) Petrorii et Petramate seu S. Petri in Vetera o Veteri o Petroio” (n. XXXVI, pag 121. 320, 336): ci si attende da esso cose grosse per quanto riguarda la storia antica della città, sia sul versante etrusco che quello romano ed anche paleocristiano. E guarda caso la sorpresa è venuta proprio da questo ultimo, perché, agli occhi raggianti della acuta ricercatrice, improvvisamente emergenti da sotto un metro e mezzo di terra, sono apparse le restanti strutture, costituenti la pianta di un edificio sacro con relativa abside, chiaramente cristiano quindi, che è stato subito individuato per l’antica chiesa e convento di ” San Pietro in vetere o in vetera “, come già nominato. Lo si designava con il termine comune di piviere, o pieve, forse da plebarium comunità di cristiani con tanto di chiesa propria e topograficamente doveva delimitare a ponente il famoso campo della fiera, appena a monte del cosiddetto ponte di Rio Chiaro o odierno del Sole, dove appunto lo colloca con una certa precisione la ricostruita carta del contado di Orvieto nel 1282 prodotta da Elisabetta Carpentier, nella sua opera Orvieto A La Fin Du XIIIe Siècle, con tanto di sigla “deparu” scomparso. Era un sito importante, se la medesima lo cita oltre 30 volte, e come luogo sacro (dedicato all’apostolo Pietro), e come contrada ricca di vigne e particolarmente redditizia. Di detto edificio mancano le notizie esatte circa l’origine e la definitiva scomparsa. All’inizio forse sarà stato dei Premostratensi della Badia dei Ss. Martirio e Severo. Con data del 1232 esiste un rogito, un atto di vendita del detto complesso, chiesa e conventino annesso, ai Frati di San Francesco, da poco istituiti . Qui si maturò certamente la santità di frate Morico, uno dei primi compagni del Serafico, “detto anche parvulus, uno dei due, che il Serafico avrebbe destinato al Convento, fondato in Orvieto circa il 1222 nel sobborgo, fuori Porta Maggiore, detto S. Pietro in Wetere …(il Morico) vi tornava circa il 1224, conducendo seco il discepolo B. Ambrogio da Massa, avendolo trovato maturo alla religione del Poverello”. Morirono ambedue nel convento di città che nel frattempo era stato costruito, lasciando fama di preclari virtù. Per le notizie di cui sopra ci siamo giovati di quanto è riportato nella “Sancta Urbevetana Legio ” di Aurelio Ficarelli – Tip. Orfanelli- Orvieto.- e delle relative fonti . Riteniamo quindi che con l’attuale scoperta sia stata recuperata una grossa pagina di storia religiosa ed ecclesiale, ed intanto ne sia venuta fuori una indicazione preziosa, per via di quel veteri o, vetere, o vetera, che si dica, che nel linguaggio archeologico ha il suo valore, ben conoscendo la pratica degli antichi d’innalzare i nuovi su i vecchi luoghi di culto. Intanto le opere di rinvenimento continuano: si parla di un segmento di strada romana in perfetto stato di conservazione, di altrettante etrusche con edifici accanto. Per cui sta nascendo dal grembo della terra una vera e propria area, di enorme importanza archeologica, dalla quale dipenderà la definitiva scomparsa delle ombre che ancora insistono sulla.parte più recondita della storia di questa vecchia città. Il Vescovo intanto di Orvieto- Todi, con paterno gesto ha lasciato cadere tra le zolle rimosse, la sua benedizione foriera di grazie divine che rendono sereno il lavoro e non senza alcun esito le umane opere.

AUTORE: P.M.