Trancanelli “venerabile”. La Chiesa può sbagliarsi nel proclamare i santi?

Approfondiamo il tema del riconoscimento della santità nella Chiesa cattolica
Vittorio Trancanelli in una pausa dal lavoro in ospedale
Vittorio Trancanelli in una pausa dal lavoro in ospedale

Una delle domande classiche della riflessione sull’infallibilità della Chiesa riguarda la possibilità di sbagliarsi nella canonizzazione dei santi. Può accadere che la Chiesa abbia proposto come santi persone che invece non lo erano? La domanda acquista senso soprattutto nel momento in cui i modelli di santità cambiano, e quindi alcuni santi – o le motivazioni per cui sono stati riconosciuti tali – non viene più condivisa.

Facciamo l’esempio della beata Antonia Mesina, la cui santità ovviamente si estende a tutta la vita, ma viene motivata perché ha difeso fino alla morte la propria castità (così il Martirologio romano ), che sarebbe come dire che le ragazze devono preferire morire che essere violentate. Oggi sappiamo bene che in caso di stupro l’unico a perdere la castità è il violentatore, non certo la donna costretta a un rapporto sessuale contro la sua volontà. Le motivazioni di questa canonizzazione non possono dunque essere più condivise, o perlomeno chiedono di essere attentamente valutate; eppure questo non significa che la persona non fosse santa, vuol dire piuttosto che il modello che essa rappresenta va inquadrato culturalmente e quindi tradotto adeguatamente in altro contesto.

Potremmo dichiarare “esemplare” un marito oggi, se – come il beato Raimondo Lullo – abbandonasse moglie e figli per fare un’altra vita, per quanto nobile? Ecco allora che l’infallibilità della Chiesa si comprende non come una mancanza di errore, ma come una crescita nella verità.

La Chiesa è infallibile perché, nonostante la necessaria incarnazione del suo annuncio e della sua vita, non perde l’autenticità del Vangelo. Questo viene detto in tutte le lingue, tradotto in tutte le culture, mescolato a non pochi elementi inautentici o erronei (dalla convinzione che gli indios non avessero l’anima alla scelta della guerra per giusta causa), ma questa commistione con l’errore non intacca l’infallibilità della Chiesa, che in mezzo a questo turbinio mantiene la giusta rotta, custodendo il Vangelo. Consapevole di questa dinamica che costituisce la tradizione stessa della Chiesa, chiamata a tramandare il Vangelo in contesti sempre nuovi, accrescendone la conoscenza ma anche rischiando di tradirlo, la Chiesa veglia sul proprio annuncio e sulle proprie decisioni, continuamente raffina la propria dottrina, la purifica, la rinnova, continuamente si riforma. L’infallibilità non è dunque un’asettica mancanza di errori, come un percorso netto in una corsa a ostacoli, ma piuttosto una dinamica vitale che, sostenuta dallo Spirito, rende la Chiesa capace di custodire il Vangelo, e rende il Vangelo fonte sempre rinnovata di verità dentro la Chiesa stessa.

L’infallibilità, per quanto detto, non è contraddetta dal riconoscimento e dalla correzione dell’errore; al contrario, riconoscere gli inevitabili elementi spuri che si sono insinuati nella testimonianza evangelica dimostra proprio l’infallibilità della Chiesa.

Perché si insinua l’errore però? Perché l’annuncio del Vangelo non consiste nella ripetizione pedissequa di contenuti fissi, ma in una testimonianza di vita che ripete un nucleo fondamentale (la vicenda di Gesù e ciò che la spiega) traducendolo in tutti i contesti culturali e in tutti i linguaggi possibili. Tale traduzione non solo è indispensabile perché l’annuncio venga accolto, ma permette anche di comprenderlo più a fondo, di arricchire la tradizione della Chiesa. D’altra parte, ogni “traduzione” è un “tradimento” perché passare un messaggio in un altro contesto è sempre una violazione. Così si innestano sull’annuncio elementi che magari erano efficaci e adeguati in un periodo o in luogo, ma non in altri momenti o altrove, oppure si mescolano alla testimonianza cristiana concetti e prassi non evangelici, perché non si era in condizione di percepirli come tali.

Tutto questo non intacca la capacità della Chiesa di crescere continuamente nella verità, abbandonando ogni inautenticità. Anzi l’infallibilità della Chiesa è ancora più evidente nel momento in cui essa è capace di correggersi, distinguendo fra la verità del Vangelo, mai smarrita, e gli errori che su questa si sono innestati.

Applicando quanto detto alla canonizzazione dei santi, possiamo riprendere l’esempio fatto in apertura.

Rimane autentica la testimonianza di vita evangelica di Antonia Mesina, ma le motivazioni apportate alla sua canonizzazione hanno fatto il loro tempo, perché espresse in un contesto sessuofo e sessista, che vedeva nel sesso una colpa tale da preferire la morte a uno stupro e, soprattutto, vedeva nell’essere stuprata una qualche forma di colpa da parte della vittima. Purificato da questi elementi, provvisori e non evangelici, appare evidente l’esempio di vita evangelica di una ragazza che ha vissuto per amore di Dio e dei fratelli, e che ha difeso la propria dignità personale fino alla morte. Allora la Chiesa è infallibile non solo nel riconoscere la testimonianza di vita evangelica di uno dei suoi membri, ma anche nel contemplarla continuamente in modo rinnovato, per poter distinguere ciò che è provvisorio da ciò che è opera dello Spirito che dà vita.

 

AUTORE: Simona Segoloni docente di Ecclesiologia all'Istituto teologico di Assisi