Tutte le religioni si incontrano a Istanbul

Intervista a padre Rubén Tierrablanca GonzÈlez, responsabile della 'Fraternità internazionale dei frati Minori per il dialogo ecumenico e interreligioso' in Turchia. Un'esperienza ricca e commuovente

Quanto sia ormai irrinunciabile il cammino verso l’ecumenismo intrapreso dalla Chiesa cattolica, è un dato ampliamente noto e più volte ribadito di recente anche dal papa Benedetto XVI. Di certo si tratta di una via spesso impervia, piena di ostacoli, ma anche ricca di gesti concreti di solidarietà e di autentica carità, in grado di condurre tutti verso la meta della piena comunione. Abbiamo chiesto una testimonianza a chi vive questa sfida ogni giorno, padre Rubén Tierrablanca GonzÈlez, responsabile della ‘Fraternità internazionale dei frati Minori per il dialogo ecumenico e interreligioso’ in Turchia. Il centro, aperto appena da tre anni nella parrocchia di Santa Maria Draperis Kilisesi ad Istanbul, è uno dei più significativi a livello internazionale per la promozione del dialogo ecumenico e interreligioso. I francescani come riescono a vivere il loro carisma in un paese dove la maggioranza della popolazione è mussulmana, come la Turchia? ‘La visione dell’uomo e dell’universo di Francesco d’Assisi, fratello universale, ereditata nel carisma di tutta la famiglia francescana, offre pagine luminose della sua vita in risposta alle esigenze dell’annuncio del Vangelo. Un gesto profetico del Poverello, al tempo più buio delle crociate, è l’incontro con il sultano Melek El Kamil nel 1219, a Damista, nel nord dell’Egitto, svoltosi nella più genuina semplicità e nel rispetto delle diversità. Da allora lungo otto secoli la presenza dei francescani nei Paesi mussulmani ha seguito la strada dell’annuncio del Vangelo nella gioiosa accoglienza di ogni situazione, confessando di essere cristiani (Regola del Frati minori’).Come è nato e si è sviluppato il progetto di un centro per il dialogo ecumenico e interreligioso?’Nell’ultimo decennio del secolo scorso, la presenza francescana in Turchia era molto diminuita e si cercavano nuove persone per rispondere alle situazioni dei tempi recenti. Dalla visita nel 1995 del ministro generale, fra Hermann SchalÈk, al patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, l’ordine dei frati Minori desiderava la creazione di una Fraternità internazionale dedita al dialogo ecumenico presso il patriarcato di Costantinopoli, attuale città d’Istanbul. La nuova iniziativa poteva diventare la risposta adeguata alle sfide del tempo e a nuove forme di evangelizzazione. Inoltre, essendo la Turchia un Paese con popolazione di varie religioni, offriva anche la possibilità di intraprendere estesi rapporti di dialogo. Il convento di Santa Maria Draperis dava l’opportunità di aprire nuovi orizzonti’. Quali sono stati i primi passi? ‘Il 10 settembre 2003, insieme al francese fra Gwenolé Jeusset, sono arrivato ad Istanbul per formare la nuova fraternità dipendente direttamente dal Ministro generale. Con fra Claudio Seccherelli, originario della terra umbra, in particolare di Orvieto, ma residente ad Istanbul da ben 49 anni, abbiamo intrapreso un cammino lento, ma con la speranza di vivere una nuova esperienza di evangelizzazione. Ciò era possibile creando nuovi rapporti con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli della Chiesa ortodossa, ugualmente con il Patriarcato della Chiesa armena e con la Chiesa apostolica siriana. D’altro canto, il progetto prevede di stabilire relazioni di dialogo islamo-cristiano, cosa non facile, ma certamente auspicabile. Sebbene non avessimo conoscenza di tutta la realtà religiosa della città, e molto meno di tutto il Paese, abbiamo potuto costatare la presenza e l’importanza della numerosa comunità ebraica. A partire dall’espulsione dalla Spagna nel 1492, molti ebrei furono accolti in questo Paese di frontiera continentale. Con sorpresa e riconoscenza abbiamo trovato amichevole accoglienza da parte dei nostri fratelli maggiori. Ora il panorama si presentava attraente, ma allo stesso tempo con estesi orizzonti. I primi passi sono stati lenti e con diverse difficoltà, ma con la benedizione di Dio, la convivenza fraterna e l’appoggio costante del Ministro generale, abbiamo imboccato un sentiero sconosciuto, ma affascinante. Nel Vicariato apostolico della Chiesa cattolica d’Istanbul siamo stati accolti molto bene: il nostro vescovo diocesano, mons. Louis PelÈtre, ci sostiene, incoraggiandoci costantemente. Gli altri sacerdoti, religiosi e religiose che svolgono il loro apostolato nelle diverse attività pastorali, educative ed assistenziali, sono stati sempre amabili e fraterni nei nostri riguardi’. Quali sono le vostre attività principali? ‘Oltre ad assicurare la continuità nel servizio della chiesa parrocchiale di Santa Maria Draperis, le nostre attività abbracciano due campi ben distinti: uno è l’ecumenismo nel rapporto con le Chiese orientali presenti ad Istanbul, vale a dire greci- ortodossi, armeni gregoriani e siriani – apostolici; ugualmente siamo in ottimi rapporti con le diverse Chiese protestanti. Nell’altro ci dedichiamo alla ricerca dell’incontro, e se possibile dialogo, con l’islam e con la comunità ebraica d’istanbul. Non si tratta di attività già stabilite, ma dobbiamo prendere l’iniziativa senza aspettare che gli altri ci propongano tale dialogo’. Le esperienze più significative? ‘Stare ad Istanbul è già una forte esperienza di convivenza con il popolo turco, lontano dall’etichetta di ‘pericolosità’ con cui viene di solito conosciuto; in realtà si tratta di gente affabile e gentile, che va compresa meglio con pazienza per entrare nella loro visione della vita. Nell’ambiente ecumenico, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si vive con grande interesse ad Istanbul. Una commissione ecumenica distribuisce gli otto giorni nelle diverse chiese ed ogni giorno ci si trova in una chiesa diversa, diventando praticamente un pellegrinaggio alle diverse comunità cristiane. Nella festa di Sant’Andrea apostolo (30 novembre), patrono del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, della Chiesa greco-ortodossa, una delegazione francescana è presente ogni anno. Come fraternità internazionale ad Istanbul, la nostra partecipazione alla liturgia, frequente nelle diverse occasioni, è una forte esperienza di fede. Nel rapporto con l’islam ricordo due momenti importanti durante l’anno: nel periodo del Ramadan, siamo invitati in diverse occasioni al iftar, cioè la conclusione della giornata di digiuno che i musulmani fanno radunandosi nelle famiglie e con gli amici; a noi cristiani viene offerto un posto di condivisione. Inoltre, una delle comunità Sufi, in occasione della festa del fondatore Rumi, ci invita alla Sema (preghiera) dei danzatori. Per loro è una preghiera contemplativa attraverso la musica, canti, salmi cosmici e la danza. Ogni volta siamo stati accolti come ospiti speciali dal capo della comunità Dedè Nail Kesova Postnisin e lì possiamo indossare l’abito religioso in segno di rispetto per tale momento di preghiera. Conviene ricordare che in Turchia è vietato usare l’abito religioso fuori dalla chiesa o dal convento’. Le difficoltà che avete incontrato? ‘Ogni inizio è difficile e l’inserimento nell’ambiente turco non era l’eccezione: lingua nuova, anzi strana, da imparare, documenti legali da sbrigare, situazione di ristretta libertà religiosa da capire e rispettare. All’interno della fraternità, benché fratelli, si doveva costruire un ambiente internazionale che rispondesse alla nostra nuova attività; il comune carisma di fratellanza universale è stato il dono più prezioso che sperimentiamo quotidianamente e alleggerisce ogni difficoltà. A causa degli avvenimenti degli ultimi mesi, in particolare l’uccisione di don Andrea Santoro a Trebisonda, molti italiani si sono preoccupati per la nostra incolumità. Certamente la prudenza è la migliore consigliera, ma la Chiesa in Turchia non è perseguitata, semmai costretta ad assumere i limiti dettati dal governo, ma in una sufficiente tolleranza per continuare a sperare in un mondo migliore. Il presidente del nostro municipio Beyoglu, apprezza la nostra presenza e con i vicini di casa ci stimiamo a vicenda’.

AUTORE: Federica Sabatini