Un pranzo da Venerdì santo 

Don Angelo Fanucci
Don Angelo Fanucci

Avrei dovuto titolare “un digiuno da Venerdì santo”? Certo, se avessi voluto parlare di quella pia prassi di totale astensione dal cibo che i cristiani in condizione di adottarla fanno propria oggi, nel giorno in cui il Signore muore sulla croce. Ma io intendevo parlare di un altro pranzo, Il pranzo di Babette, un film bello, intenso, in tv giorni fa. Babette, una donna di mezza età che operava un tempo al Cafè des Anglais di Parigi ed era diventata lo chef più famoso di Francia, ora vive in un’isola sperduta dell’estremo Nord; vive con un gruppo di anziani, tutti al limite della decadenza; una comunità grigia e greve come la nebbia perenne che la circonda. Citano la Scrittura in continuazione, ma ne mettono in pratica gli input a corrente alternata: la ruggine sottile, silenziosa e tenace che li lega li induce a piccole, reciproche malignità quotidiane, più acide che cattive. A questa gente, Babette offre un pranzo memorabile: brodo di tartaruga e cibi finissimi, destinati a palati doc. Dolci come quelli che fanno gli angeli nelle solennità di primo grado. Vini costosissimi ma ottimi, come capita raramente.

Babette ha fatto venire tutto da Parigi, ha cucinato tutto con le proprie mani, ha stilato di persona un menu accuratissimo. E a cogliere il senso del tutto arriva un generale in capo, bardato a puntino, che sembra uno dei soliti tromboni sfiatati, e invece dice cose vere e sagge. Babette ha impiegato in quella cena tutto il denaro che aveva: 14.000 franchi di allora, fine ’800, che dovevano servirle a tornare a Parigi. Non ci tornerà più, a Parigi, resterà nella nebbia perenne a dare un filo di vita a quegli esseri umani che, oh, no!, non sono cattivi, ma solo vecchi dentro, piccoli, stanchi, decrepiti, e invocano un Dio decrepito, fatto a loro immagine e somiglianza.

Babette non lo nomina mai, Dio, ma quel pranzo è come una liturgia che traspira il Divino e lo trasmette a chi si lascia conquistare da essa. Alla fine del pranzo la ruggine è scomparsa, i vecchiardi hanno sorriso. E io mi sono chiesto: quanti gesti di assoluto altruismo nascono nelle pieghe meno vistose del mondo? Quanta voglia di solidarietà fiorisce tra i piccoli della terra, quelli che la cosiddetta Grande Storia nemmeno prende in considerazione? Quante solitarie conversioni, dalla menzogna che avevi spinto a forza nella tua coscienza per giustificare il tuo peccato, alla verità che ora permette alla coscienza di prendere il volo? “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Quanto di buono, di vero, di solidale sale dalla terra verso il cielo è riconducibile a questa silenziosa, irresistibile divina forza di attrazione del Venerdì santo. Anche il pranzo di Babette.

AUTORE: Angelo M. Fanucci