Un Vescovo…travolgente

Un ritratto di Carlo Liviero, che sarà beatificato nella cattedrale in cui fu vescovo. Domenica 27 maggio a Città di Castello attesi migliaia di fedeli

Il motto episcopale di Liviero è In caritate Christi. L’anima dell’azione pastorale del Vescovo risiede proprio in questi tre termini. Senza quest’anima non ci sarebbe stata la sua travolgente attività caritatevole. Cuore di Liviero, Cuore di CristoL’aspetto che, più di ogni altro, la gente ammira in mons. Liviero è la grande sensibilità per le sofferenze e i bisogni dei poveri e l’immensa carità con la quale si impegna a sollevarli. Di opere a servizio della carità e della promozione umana ne fa davvero tante! Dalla fondazione del settimanale Voce di popolo all’apertura di una libreria cattolica; fonda la scuola tipografica del Sacro Cuore e la scuola elementare maschile; il pensionato studenti Sacro Cuore, la colonia marina di Pesaro, il cinema ‘Sant’Egidio’, l’ospizio Sacro Cuore con la fondazione della congregazione religiosa delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore. Tutto nasce dalla sua profonda carità, dal suo amore per Dio e per i fratelli. Egli vede nel Cuore di Cristo l’unica vera immagine della carità, in tutte le sue valenza. Accoglienza e ascoltoIl cuore di mons. Liviero entra gradualmente in sintonia con il Cuore di Cristo. Appena giunto a Città di Castello, fissa subito un giorno (il venerdì) per i poveri: in quel giorno i bisognosi possono liberamente entrare nel palazzo episcopale, dove il Vescovo li riceve nel suo studio, ascoltando ciascuno e soccorrendo tutti nei limiti delle sue possibilità. Ma, prima di aiutarlo lo aveva ascoltato: è in questo modo che il povero si sente accolto e rispettato nella sua dignità umana. Ciò che colpisce nella carità di Liviero è il suo coinvolgimento personale: più della metà delle entrate personali andava per l’ospizio Sacro Cuore, ‘senza curarci dell’avvenire che è nella mani di Dio’, e Liviero morì povero. Ogni giorno si reca all’ospizio Sacro Cuore, dove i bambini orfani accorrono a lui, gli si stringono attorno e gli fanno festa. Quando un bambino piange, il Vescovo lo prende in braccio e gli asciuga le lacrime. Ai più piccoli insegna pure a soffiarsi il naso. Sempre reperibileSulla tomba di Carlo Liviero è scritto un epitaffio che sintetizza tutta la sua vita: Potens in opere et sermone. Oltre che essere grande uomo di carità, Carlo Liviero è stato un grande uomo di fede ed un servitore della Parola. Già nel 1915 scriveva in una lettera pastorale che ‘il Vescovo non deve soltanto stare in poltrona ad ascoltare coloro che gli si presentano. Egli deve predicare, confessare, beneficare i suoi figli, andare incontro ai loro bisogni’. Il vescovo Liviero si dedicò personalmente alla catechesi ed alla predicazione in varie chiese della città, in cattedrale, nella chiesa della Madonna delle Grazie, in quella di San Francesco. E tante gente, entusiasta, correva ad ascoltarlo. Carlo Liviero non ha però paura di scendere e di sedere in confessionale. Proveniente da una famiglia poverissima, si mette a disposizione di tutti i fedeli, che possono trovare il Vescovo tutte le mattine in cattedrale per confessare e tutte le sere per la predicazione. Era infatti convinto che ogni prete deve essere il Vangelo personificato perché il popolo, guardando a lui, impari come deve vivere. Aveva un’attenzione particolare per i giovani ed era convinto che bisognava formare i giovani impartendo loro una ‘soda educazione religiosa’. Per la gente, ‘santo subito’ Alla morte del Vescovo comincia a diffondersi tra la gente la fama della santità di Carlo Liviero. Di tale presentimento e previsione si fa interprete don Enrico Giovagnoli, con cui, nei primi anni dell’episcopato di Liviero, non erano mancate le incomprensioni. Dettando l’epigrafe a un mese dalla morte del Vescovo, don Enrico scrive: ‘Il tuo gregge, o Pastore, nel tempio vibrante ancora della tua voce potente, oggi piange commosso al tuo ricordo. Domani della tua tomba farà un altare’. Fin da subito, la tomba di Carlo Liviero è diventata luogo di preghiera. Grazie all’interessamento del vescovo Pompeo Ghezzi, nominato amministratore apostolico di Città di Castello alla morte di mons. Liviero, e al concorso di molti fedeli, è possibile costruire una tomba nella cripta della cattedrale, nella quale la salma, in un primo tempo tumulata nel cimitero, è traslata il 5 marzo 1933. Il luogo scelto è quello dell’attuale sacrestia della basilica inferiore. Il 9 dicembre 1980 si compie la ricognizione della salma del Servo di Dio e la traslazione in altra parte della cripta della cattedrale, dove viene riposta il 17 dicembre. Dal 27 maggio il corpo sarà esposto alla venerazione dei fedeli come insigne reliquia. L’iter della causaIl primo vescovo a parlare della possibilità di promuovere una causa per la beatificazione è mons. Pompeo Ghezzi, che come vescovo di Sansepolcro aveva collaborato con mons. Liviero: nel 1956 sollecita in tal senso la superiora generale delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore. Nel 1959 il vescovo Luigi Cicuttini promuove una raccolta di testimonianze e nel 1974 viene presentato al vescovo Cesare Pagani il ‘supplex libellus’ per l’inizio della causa, che nel 1976 riceve il nulla osta del Papa. Tra 1977 e 1982 svolge la sua indagine il tribunale diocesano. Nel 2000 il Papa riconosce le virtù eroiche del vescovo Carlo. Il 16 dicembre 2006, infine, Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a pubblicare il decreto con il quale si riconosce un miracolo attribuito all’intercessione di Carlo Liviero e relativo alla guarigione di Domenica Mariotti, avvenuta nel 1983. La donna aveva contratto l’infezione tetanica ed era entrata in coma irreversibile con complicanze broncopolmonari, epatiche, metaboliche ed emolitiche. Le Piccole Ancelle che erano a Force cominciarono a pregare il Servo di Dio e due giorni dopo le condizioni della Mariotti cominciano a migliorare.

AUTORE: Francesco Mariucci