Una autorità sbalorditiva

Commento alla liturgia della Domenica a cura di Bruno Pennacchini IV Domenica del tempo ordinario - anno B

La scorsa domenica abbiamo ascoltato Marco narrare la chiamata dei primi quattro collaboratori di Gesù: Simone, Andrea, Giovanni e Giacomo. Oggi assisteremo alla narrazione di come Gesù inizi la sua attività di insegnamento pubblico. Nel libro di Marco l’insegnamento di Gesù prevale perfino sulla sua attività di annuncio. Marco ha organizzato il suo scritto in modo semplice, ma ben strutturato.

L’ha diviso in due parti fondamentali, più un prologo ed un epilogo. Il prologo comprende: l’annuncio profetico di Giovanni Battista (1,1-8), il battesimo di Gesù e le tentazioni nel deserto (1,9-13), l’annuncio del regno di Dio da parte di Gesù (1,14-15). La prima parte del libro (1,16-9,10) risponde alla domanda fondamentale: chi è Gesù? Questo chiedevano quelli che si accostavano già anticamente alla fede cristiana, i catecumeni; questo chiede di sapere, oggi, chiunque intenda scommettere la propria vita con Lui. Domenica dopo domenica, Marco ci condurrà nell’esplorazione del mistero di Gesù. Oggi ne ascolteremo una primizia: l’assemblea sinagogale di Cafarnao si domanda: che cosa sta succedendo? Chi è costui? Noi ce lo domanderemo insieme a loro e ne condivideremo la risposta. Della seconda parte (9,11-16,8) e dell’epilogo, brevissimo, (16,9-20) si dirà a suo tempo. Il brano evangelico di oggi racconta la prima parte di una tipica giornata di Gesù, a Cafàrnao.

Il racconto è scandito in tre momenti, letterariamente ben concatenati: la scena dell’insegnamento nella sinagoga, di sabato, con la gente che si stupisce (1,21-22); segue la narrazione di un esorcismo (1,23-26), con la reazione sconcertata dei presenti, che riprende il motivo iniziale (1,27); tutto si concluderà con la notizia del rapido diffondersi della fama di Lui (1,28). Gli studiosi, nel loro linguaggio specialistico, dicono che Marco ha seguito qui il noto schema letterario “a chiasmo”: A-B-A. Cafarnao, come sanno quelli che hanno visitato la Terra Santa, al tempo di Gesù era una industriosa cittadina sita sulle riva nord occidentale del lago di Galilea. (Gli archeologi vi hanno ritrovato i resti della sinagoga di cui parla oggi la lettura evangelica, oltre alla casa di Pietro, dove era ospite Gesù, insieme a molte altre evidenze).

Qui Gesù dà inizio alla sua attività didattica, di cui si sottolinea la straordinaria efficacia; particolarmente che egli insegnava “come uno che ha autorità e non come i loro scribi”. Gesù insegnava come chi è investito di un potere; potere di Figlio di Dio e di Figlio dell’uomo, dotato di Spirito santo; anche se chi lo ascoltava, in quel momento, probabilmente non lo sapeva. “I loro scribi” invece insegnavano appoggiandosi sempre all’autorità di qualcun altro. Gesù insegnava la volontà di Dio, mentre i loro dottori insegnavano comandamenti di uomini. Non è difficile rendersene conto: tutti noi abbiamo esperienza di avere ascoltato predicatori in cui abbiamo percepito una autorevolezza indiscussa, che altri non avevano. Senza sapere bene perché, sentivamo che ciò che dicevano era autentico, non c’era nulla di inventato, di retorico o di scontato. Cosa che continua ad accadere, mentre spesso non accade.

Nella sinagoga all’improvviso si ode il grido di un uomo, “posseduto” da una potenza demoniaca, che, fiutando aria di minaccia, pronuncia una frase, che a noi occidentali appare sibillina: “Che cosa (c’è) fra noi e te, Gesù Nazareno?”. Era un’espressione con cui si era soliti “marcare un territorio”; se ne delimitavano le sfere di competenza, allo scopo di respingere un’intrusione. Il demonio millantava evidentemente un diritto di proprietà sulla zona di Cafarnao. Inoltre, chiamando Gesù per nome, dà a vedere di conoscerlo, anche nella sua qualità di “Santo di Dio”. Nella mentalità semitica, pronunciare pubblicamente il nome di qualcuno equivaleva a mostrarsene superiore. Era un tentativo di intimorire Gesù, il quale non ci cascò, ma cacciò a sua volta un urlo impressionante: “Silenzio! Esci fuori da lui!”.

Anche il demonio urlò, contorse il poveretto, ma fu costretto ad andarsene. Figuriamoci la gente! Lo stupore si deve essere mescolato allo spavento per la scenata. La gente ne fu scossa a tal punto, che non finivano di domandarsi: “Che è questo!” Che succede?”. Stavano accadendo cose mai viste prima: la signoria di Dio diventava finalmente visibile; il potere di Satana batteva in ritirata. Si respirava aria di libertà. Tornarono anche ad esprimere la loro meraviglia per la novità e l’autorevolezza dell’insegnamento di Gesù e aggiunsero lo stupore che “anche gli spiriti maligni gli obbediscono”. In Gesù si compivano le antiche profezie. Per bocca di Mosè, Dio aveva predetto che in avvenire sarebbe sorto un profeta pari a lui (Dt 15,18). Gesù è il profeta massimo, che insegna la via di Dio e, scacciando il satana, ne istaura la signoria.

AUTORE: Bruno Pennacchini Esegeta, già docente all'Ita di Assisi