Una vita da diacono

Trestina-Bonsciano. Saluto al diacono Romano Marini
Don Vinicio Zambri e il diacono Romano Marini
Don Vinicio Zambri e il diacono Romano Marini

Domenica scorsa le comunità parrocchiali di Trestina e di Bonsciano hanno salutato il diacono Romano Marini che ha lasciato il servizio in quelle comunità. Abbiamo chiesto al parroco, don Vinicio Zambri, di raccontarci la festa che la parrocchia ha organizzato, ma soprattutto una considerazione sul ministero diaconale. Vi dedichiamo questa pagina nella consapevolezza che il diaconato permanente è una risorsa – forse ancora poco valorizzata – anche per la nostra Chiesa.

Dopo quasi diciannove anni, Romano lascia il suo servizio nelle parrocchie di Trestina e Bonsciano, che ha svolto con disponibilità e, penso, con gioia. E di questo lo ringraziamo sinceramente. Cessa il servizio qui da noi: non cessa di essere diacono. Sappiamo tutti che il diaconato è un sacramento che, imprimendo il carattere indelebile, rimane per sempre. Possono solo cambiare i modi e i luoghi di esercitarlo, secondo i bisogni della comunità diocesana e le disposizioni del Vescovo, a servizio del quale, principalmente, egli è costituito.

Abbiamo visto principalmente il diacono attorno all’altare nelle celebrazioni liturgiche, nella presenza nei vari momenti della vita pastorale della parrocchia, nel servizio delle varie categorie di persone, nel mettere a disposizione le sue doti e il suo brio, capace di generare sempre buon umore, nel partecipare alle nostre feste, ai campeggi dei ragazzi, con totale disponibilità.

Nel limite delle sue possibilità, ha condiviso nella parrocchia la responsabilità pastorale alla quale si affiancano diverse forme di servizio, che danno visibilità a questa responsabilità pastorale, fatta di progettualità condivisa e di impegni integrati, che impedisce di vedere il diacono come un sacrestano, servizio pur necessario e nobile e, tantomeno, come un “mezzo prete”. Quale ministro qualificato dell’eucaristia, portava ogni domenica la comunione ai malati e agli anziani impediti a partecipare alla messa, compiendo un alto gesto di solidarietà nei confronti dei più deboli e bisognosi: con il Corpo del Signore portava la presenza della comunità nelle case, la consolazione del Signore, realizzando una intensa comunione tra malati-anziani e parrocchia. Quello della carità è lo specifico del “diacono” (“servo” in greco), che, tra l’altro, deve educare la comunità e coordinarne l’impegno di carità.

Non sempre Romanino ha avuto la vita facile. La nostra mentalità passatista e, non raramente clericale, gli ha procurato qualche rifiuto, come anche il confronto con la varietà dei caratteri, compreso il mio di prete, che egli ha accolto con distacco sereno. Per quanto mi riguarda personalmente, gli chiedo perdono.

La giovinezza è soprattutto un affare di cuore: per questo auguriamo a Romano una giovinezza permanente.