Uniti per affrontare una stagione che sarà dura

ORVIETO. Le prime stime dei danni provocati dall’esondazione del fiume Paglia. La solidarietà - e la rabbia - della gente
La strada inghiottita dall’acqua a Orvieto (foto F. Mariani)

Sono passati ormai alcuni giorni dal “lunedì nero” di Orvieto, da quel 12 novembre in cui, alle prime luci del giorno, il fiume Paglia ha esondato, allagando varie zone di Ciconia in località La Svolta e buona parte di via Angelo Costanzi allo Scalo. Giorni difficilissimi, in cui gli orvietani hanno fatto i conti con la dura realtà, con la conta dei danni e con la calda risposta dei propri concittadini: tutti, dai più giovani ai più anziani, pronti a dare una mano.

Erano circa le 7.20 di lunedì 12 novembre quando un’onda di fango e acqua ha sommerso vie e quartieri; dalle 5.30 della mattina il ponte dell’Adunata era stato chiuso al traffico veicolare e pedonale, le acque erano infatti salite sopra i 7 metri e la situazione stava, di ora in ora, precipitando.

In quelle ore, nella zona del ponte, l’acqua è cominciata a salire; sarebbe poi arrivata in breve, al culmine dell’esondazione, a oltre 9 metri di altezza. L’assessore all’Ambiente e alla protezione civile, Claudio Margottini, nel corso di una riunione ha spiegato, con il supporto di dati tecnico-scientifici, cosa è avvenuto la mattina di lunedì 12 novembre sul vasto territorio che va dall’Amiata ad Orvieto, battuto violentemente e con conseguenze catastrofiche da 30 cm di acqua. “Un quantitativo – ha detto – che, per la sua conformazione geologica, si è rilevato catastrofico per il territorio orvietano. Purtroppo, data l’eccezionalità dell’evento, i sistemi regionali di allarme meteo non hanno consentito la previsione del fenomeno per la sua reale intensità”.

“In conseguenza di ciò – ha precisato – vi è stato un impatto violento sul territorio e, nella fase di picco, sarebbero transitati circa 2 mila metri cubi al secondo di acqua, arrivati in tempi veloci, con la piena del Paglia che si è attestata a 9,5 metri sopra il livello di guardia. Oltre 80 le aziende danneggiate, con circa 50 milioni di euro di danni diretti, a cui si devono sommare danni importanti ad almeno 20 appartamenti. E ancora non meno di 50 milioni di euro di danni al sistema comunale, a cui si aggiungono i guasti alle infrastrutture viarie provinciali e al reticolo idrografico”.

Un disastro ambientale senza proporzioni per le nostre zone, e una tragedia immensa per la gente orvietana che, seppur sollevata di non dover piangere vittime – altro sarebbe stato, forse, se tutto fosse avvenuto più tardi – è addolorata per quanto accaduto alle imprese travolte dall’alluvione.

La gente ora sta lavorando senza soste. In tutte le realtà colpite è al lavoro un esercito di persone, amici, parenti, conoscenti, sconosciuti, giovani e ragazzi che hanno sacrificato una settimana di scuola per dare una mano, in qualsiasi modo, alle persone in difficoltà. Una solidarietà mai vista, un fronte comune che, mentre spala fango e raccoglie ciò che resta nei magazzini, sorride e va avanti a testa bassa, insieme; non senza rabbia però, non senza chiedersi se tutto questo poteva essere previsto, evitato, o quantomeno contenuto.

La gente di Orvieto è però forte e decisa, ricomincerà, ripartirà, ancora più forte e, se possibile, più unita. È un momento di dolore e di disorientamento che vede la gente più unita che mai. Una situazione che impone ora un’attenta valutazione sia dei danni sia delle concause che, probabilmente nella loro storica unicità, hanno determinato quello che ora è realtà. E siamo solo a novembre, alle porte di un inverno che per Orvieto si preannuncia durissimo.

AUTORE: Monica Riccio