Viva gli animali di casa… che sono anzitutto di Dio

Gli animali come “esempi morali”, non divinità ma creature segno del Creatore. La lezione di san Francesco d’Assisi. Il paradosso della nostra società, tra cura degli animali e business
San Francesco predica agli uccelli, Benozzo Gozzoli, Montefalco
San Francesco predica agli uccelli, Benozzo Gozzoli, Montefalco

È evidente come oggi la cura e l’affetto per gli animali domestici sia una delle principali attenzioni degli italiani. Secondo Eurispes, oltre il 55% degli italiani vive con un cane o un gatto; questi ultimi risultano più numerosi, con un numero stimato di circa 7,5 milioni, a fronte di 7 milioni di cani. Il 75% dei possessori di questi animali è addirittura convinto che cani e gatti “contribuiscono a tenere unita la famiglia”. Questi dati non devono affatto allarmarci, perché la consuetudine di avere un animale domestico in casa appartiene alla storia dell’umanità.
Al contrario, oggi possiamo dire che aver cura di un animale è divenuta una forma educativa nella crescita e nello sviluppo della persona, ma anche terapeutica per esempio nel combattere la solitudine degli anziani e alcune forme di malattie. Ciò che ci fa riflettere è la contraddizione della nostra società, appunto il paradosso, che sembra essere divenuto la sua chiave di lettura migliore.
Se da una parte si riconosce il legittimo amore per gli animali domestici, contraccambiato dagli stessi animali in varie forme di affetto, dall’altra si assiste alla “divinizzazione” degli stessi in forme caustiche, che arrivano addirittura a preferire gli animali come veri e propri compagni di vita, meritevoli di maggiore attenzioni rispetto a persone che non le meritano a causa del loro comportamento giudicato inaffidabile e incomprensibile rispetto ai propri fidati animali.
Basti pensare che questa “esagerata considerazione” verso i pet si traduce in un business economico da 3 miliardi all’anno solo in Italia; tali cifre sono così elevate da convincere i maggiori produttori di mangimi per animali dell’industria alimentare a convertirsi in produttori di cibo per cani e gatti. Si stima che questo settore non abbia risentito per nulla della crisi, con un incremento del fatturato dal 2008 del 2% all’anno.
Il problema non è dunque nella giusta cura responsabile degli animali domestici, che è un dovere morale, ma nell’equiparazione o addirittura nella preferenza degli stessi alla cura responsabile delle persone con le quali si vive. Ricordiamo che anche questo è un dovere morale, e – se ci è consentito – primario e fondamentale rispetto all’altro.
San Francesco e il giusto rapporto tra creature e Creatore Non vi è dubbio che nella tradizione ecclesiale san Francesco occupa un posto privilegiato quando si parla del rapporto tra uomo e natura. Tuttavia, proprio a partire da questo rapporto, la figura di san Francesco deve essere ben compresa. Al contrario di quello che molti pensano, non ha afmilioni fatto divinizzato la natura, ma al contrario l’ha demitizzata ridonandole la sua essenza creaturale, denunciando così quelle forme di religione olistica già presenti al suo tempo nei catari.
Instancabile ricercatore delle orme di Dio, san Francesco considerava la natura, sulla strada tracciata dai Padri della Chiesa, come il secondo libro di Dio dopo la sacra Scrittura. La natura in tutte le sue forme ed espressioni dunque parla di Dio. Non solo ne è segno e simbolo, ma in essa si rivela lo stesso operare provvidenziale di Dio per l’uomo, anche lui creatura “con” le creature, e chiamato a lodare e ringraziare Dio come le stesse creature insegnano.
“San Francesco come i profeti, guarda alle creature come esempio di fedeltà morale alla legge del Padre, esempio da imitare e interrogare; le creature, infatti, nella pratica dell’obbedienza e del servizio, ci conducono per il cammino della conoscenza del Signore, dimostrandosi figlie riconoscenti e fedeli” (C. Garzena, Terra fidelis manet , Leo S. Olschki editore, Firenze 1997, pp. 119-120).
Questa esemplarità morale appare evidente nel Cantico di frate Sole , dove le creature sono nominate non per le loro caratteristiche, ma per l’utilità dell’uomo e per la “significazione” che esse portano di Dio. L’uomo ha perso questa “significazione“ di Dio, che può ritrovare solo attraverso il recupero della sua dimensione creaturale.
Si può affermare, senza forzature, che san Francesco proprio nel suo modo cavalleresco, romanzato di intendere la realtà, sia portato ad usare le creature come veri e propri exempla moralis . Essi esaltano le virtù che Dio stesso ha, e che simbolicamente sono presenti in tutte le creature in modo perfetto e luminoso perché più obbedienti rispetto all’uomo, in quanto “ri-conoscenti” al loro Creatore. L’uomo deve guardare con sguardo ammirato e profondo le creature per scorgervi quei segni delle virtù che Dio possiede, e imparare da loro l’assunzione delle virtù divine e la lode perfetta, che solo a Lui spetta – non alle semplici creature, per quanto stimate e utili all’uomo.

 

 

AUTORE: Don Carlo Maccari

1 COMMENT

  1. Sono d’accordo che gli animali non vanno “divinizzati”, ma se vogliamo parlare di business, perché non parlare degli allevamenti intensivi? Ormai e’ noto che sono luoghi di indicibili sofferenze per gli animali, inquinano l’ambiente (gas serra) e sottraggono acqua e cibo (impiegano enormi quantità di acqua e cereali) alle popolazioni (umane) africane che ancora al giorno d’oggi muoiono di fame e di sete.

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