Il motto e lo stemma di mons. Giulietti: amando “con le opere e nella verità”

Il significato dello stemma scelto da mons. Giulietti con il motto in due parole, che definiscono con la massima chiarezza gli ideali evangelici che lo guidano e lo guideranno

Stemma-colore-HDLa scelta dello stemma è certamente uno degli atti che rivelano quello che c’è dietro, si può dire, a tutto il complesso di dichiarazioni e di motivazione che il nuovo Vescovo intende nel profondo del suo sentire e progettare. Nello stesso tempo, è anche un’evidente esternazione di ciò che di più intimo vi è nella spiritualità e nella formazione della persona che tra tante possibilità ha scelto proprio queste due parole: Opere et veritate (“Con l’azione e nella verità”). Nel caso di don Paolo Giulietti, ci sembra che questo si verifichi in modo esplicito. Nonostante altre diverse possibili indicazioni che potevano essergli suggerite dalla sua personalità e dalle sue molteplici esperienze e competenze, le due parole scelte, pur in latino e derivate da un contesto più ampio, si prestano a una immediata percezione e rivelano a chi legge il volto invisibile della persona: essenziale, concreta, operativa. L’immediatezza del significato, inoltre, si arricchisce ancora riportando le due parole al loro alveo naturale da cui sono tratte: la Prima lettera di Giovanni, una delle più alte espressioni della rivelazione del Nuovo Testamento, quella, per intenderci, in cui si evoca la “definizione” di Dio come “Amore”. Il brano scelto è quello in cui “il discepolo che Gesù amava”, divenuto apostolo, nella sua vecchiaia scrive: “Figlioli, non amiamo a parole e con la lingua, ma con le opere e nella verità” (1Gv 3,18). Un versetto prima si è chiesto: “Se un uomo possedesse dei beni e vedesse il suo fratello nel bisogno e chiudesse il suo cuore, come può essere in lui l’amore di Dio?” (v. 17).

Un commento che viene spontaneo vede nella scelta un chiaro principio di vita e un’impostazione che intende evitare parole inutili, disquisizioni astratte, polemiche verbali, sfoggio di retorica e di forme esteriori di religiosità apparente e fuorviante, nell’intento di condurre e ricondurre l’impegno pastorale all’essenziale, che si chiama semplicemente “carità operosa”, “verità di fede illuminata”, cristianesimo maturo. Nella scelta di don Paolo non sembra esclusa anche una certa allusione critica e velata a forme di pastorale fatta di manifestazioni esteriori e spettacolari, di cui nelle polemiche sulle processioni e sugli “inchini” della Madonna si è molto discusso di recente. Si direbbe quindi il motto di un cristianesimo sociale serio, senza fronzoli e infingimenti, che, per usare una frase stavolta di san Paolo, opera la carità nella verità veritatem facientes in caritate; “Non siamo fanciulli sballottati dalle onde, al contrario vivendo secondo la verità nella carità”: (Ef 4,14-15)

 

ILMOTTO

Mons. Paolo Giulietti ha scelto come suo motto Opere et veritate e lo spiega così: “È la conclusione di una frase contenuta nella Prima lettera di Giovanni (3,18): ‘Figlioli, non amiamo a parole, né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (opere et veritate). Il motto vuole sottolineare la centralità dell’amore nella vita della Chiesa; un amore fattivo e onesto, perché c’è bisogno di contrastare l’amore ‘a parole’. Fa infatti più notizia non il fare una cosa, ma dire che verrà fatta. Ma le chiacchiere non sono notizia: lo sono i fatti. Quindi, amiamo con i fatti e nella verità”.

 

LO STEMMA

Lo stemma episcopale si presenta nella parte superiore con una fascia orizzontale di colore rosso, il colore dell’amore e della carità, all’interno della quale sono disegnate tre conchiglie bianche, il segno per eccellenza del pellegrinaggio; tre, per indicare i “pellegrinaggi maggiori” della storia del cristianesimo: Roma, Santiago de Compostela e Gerusalemme. Nella parte inferiore è disegnato un sole con la croce per indicare lo splendore della verità, manifestata in Cristo, “luce vera che illumina ogni uomo”, dice l’evangelista Giovanni (1,9), soprattutto nell’ora suprema del suo sacrificio pasquale. Lo sfondo è di colore blu, il colore dell’idealità, del Cielo, di quello che è la parte alta dell’uomo.

AUTORE: Elio Bromuri