A distruggere non è il caso

Boschi in fiamme: alla ricerca dei colpevoli

Diciamocelo pure: l’autocombustione è una ‘balla’. Nel senso che, ormai, non ci crede più nessuno. E l’Umbria brucia. Dall’inizio del 2007, sono stati ben 77 gli incendi (dato al 30 luglio scorso) sviluppatisi nella regione, di cui 62 nel solo mese di luglio. Le cifre degli ettari di bosco e di zone non boscate distrutte stavolta destano impressione: 902 ettari, di cui 844 di bosco, è un dato stridente rispetto ai 199 ettari persi nel 2006 (di cui 88 di bosco) e i 376 del 2005 (di cui 170 di bosco). ‘E, guarda caso – afferma il vicecomandante regionale del Corpo forestale dello Stato, Antonio Giusti – molti roghi sono divampati proprio nell’ultima settimana, quando soffiava un forte vento di libeccio e di scirocco, a velocità di circa 30-40 chilometri orari’. La volontà di appiccare il fuoco è evidente. ‘Basandomi sulla mia sola esperienza di lavoro – aggiunge Giusti – potrei elencare almeno trenta diversi tipi di innesco’. Gli ultimi roghi nel TernanoLa settimana scorsa, sulla catena dei Martani nei pressi di Acquasparta, in meno di un’ora il fuoco è divampato in tre luoghi differenti. ‘Tutti facilmente raggiungibili con le strade’, affermano i vigili del fuoco di Todi e Terni che sono intervenuti. Parlando con loro si capisce che pure la storiella del piromane lascia il tempo che trova. Il piromane, sia chiaro, è un malato psichiatrico: uno che gode del fuoco che appicca: più grande e rosso e caldo gli viene, più è contento. Ma la domanda è la seguente: possibile che in Umbria ci siano così tanti malati mentali che scorrazzano indisturbati per le nostre colline e montagne? Difficile crederlo, anche perché il vero piromane è facile preda delle forze dell’ordine: sono quelli che, facendolo solo per immediato godimento personale, vengono presi con l’accendino in mano. A livello nazionale, secondo le tabelle del Corpo forestale dello Stato, a provocare incendi dolosi sono persone appartenenti a categorie a basso reddito: pensionati (30%), operai (20%), impiegati (10%), disoccupati (9%), agricoltori (8%) e pastori (4%). Se agricoltori e pastori possono avere un interesse diretto a bruciare ettari di bosco (per avere nuovi terreni a disposizione con nuova erba) lo stesso discorso non vale per tutti gli altri, che invece lavorano ‘per conto terzi’. La ricompensa? Dipende, ma nell’esperienza degli investigatori si va da 200-300 euro fino ai 5.000 per le operazioni in grande stile. I dati sull’età confermano il ragionamento: quasi una volta su due, chi è responsabile di un incendio ha più di 60 anni. Tra i giovani la percentuale scende fino all’8 per cento fra i 21 e i 30 anni. La Forestale: trenta diversi tipi di innescoIl problema è che, gli altri, sembra quasi impossibile prenderli. ‘Lo scorso anno, ad esempio – continua il vicecomandante Giusti – sulle montagne di Gualdo Tadino acciuffammo un barista che, munito di diavoline liquide e accendini, dava fuoco solo per veder volare i Canadair e gli elicotteri. Che erano, ovviamente, la sua passione. Ma lo prendemmo solo dopo dieci giorni di appostamento, grazie anche ad una buona dose di fortuna’. Però, alcune osservazioni effettuate sulle attività criminali degli incendiari hanno evidenziato che quanto più è organizzata la scena e studiata la tecnica, tanto più l’autore è razionale e spinto da propri interessi materiali. ‘Ci capita di trovare nei boschi incendiati’, affermano alcuni vigili del fuoco, con cui parliamo mentre si riposano fra una ripresa e l’altra dell’incendio sui monti Martani, ‘alcuni barattoli forati sopra per farvi entrare l’aria dentro. Chi vuole deliberatamente appiccare il fuoco nel bosco, vi mette dentro una candela che arde ma non si smorza perché è protetta tutt’intorno dal barattolo. Quando la candela arriva a bruciare del fogliame secco, il colpevole è già lontano’. Una tecnica piuttosto usata sembra essere quella del lancio di ‘diavolina’, anche da auto in movimento. ‘Per i boschi non c’è scampo – affermano i pompieri -, specie in questo periodo’.

AUTORE: Paolo Giovannelli